D'Alema: «Sì a una missione sotto l'egida Onu»

Mentre «la guerra degli ostaggi» continua a mettere a ferro e fuoco l'area, Massimo D'Alema ieri è intervenuto alla Camera per tracciare un primo bilancio della crisi «innescata dalle forze radicali» come «l'ala oltranzista di Hamas e dal gruppo fondamentalista degli Hezbollah». La condanna del ministro degli Esteri verso le azioni terroristiche è ferma, ma altrettanto netta è la presa di distanza dai raid israeliani: «Pur legittima in base al principio di autodifesa sancito dalla carta delle Nazioni Unite — scandisce D'Alema in Aula — la reazione di Israele è andata al di là di ogni ragionevole proporzione», in particolare per l'alto prezzo pagato in termine di vittime civili (il ministro ne conta 220 in Libano e oltre cento nei Territori) e per la distruzione di infrastrutture fondamentali anche a Gaza. «Disintegrare il Libano — avverte il vicepremier — non rafforzerebbe Israele», così come una visione della sicurezza solo «militare» che Gerusalemme ha fatto «prevalere fin qui produce insostenibili costi umani e fa crescere il livello di odio e insicurezza». Le radici della «spirale di violenza» che sta incendiando la regione e che in Libano «rischia di riportare le lancette dell'orologio ai disastri della guerra civile» D'Alema le rintraccia anche nella guerra in Iraq — che «ha alimentato il terrorismo e il fondamentalismo, ora più forti rispetto al passato» — e nella «visione ideologica illusoria» di chi pensava che il rovesciamento di Saddam Hussein «avrebbe prodotto democrazia e pace in tutta la regione». Per contribuire a trovare una via d'uscita il governo italiano ha attivato i suoi canali diplomatici con tutti i paesi della Regione. Di più, ribadisce il ministro degli Esteri, l'Italia è pronta a contribuire ad una missione «cuscinetto» sotto l'egida dell'Onu nel Libano del Sud visto che i 2000 caschi blu già presenti sono «insufficienti». Analoga necessità il responsabile della Farnesina la individua anche a Gaza «per fermare la violenza e garantire la sicurezza di Israele». Missioni queste però, puntualizza D'Alema in linea con le parole di ieri del segretario dell'Onu Kofi Annan, che arriverebbero solo dopo un «cessate il fuoco» per «garantire l'applicazione della risoluzione 1559 delle Nazioni Unite». Roma si è più volte appellata all'Iran e alla Siria — le cui ipotesi di diretto coinvolgimento, puntualizza D'Alema, «sono per noi difficili da verificare» — affinché svolgano un ruolo «costruttivo», ma ora, è l'auspicio del vicepremier, serve uno scatto di reni dell'Europa: dal momento che quella del negoziato tra le parti in Medio Oriente è «l'unica strada percorribile» perché «le iniziative unilaterali non bastano», l'Europa deve presentarsi unita in vista del Consiglio di sicurezza dell'Onu che affronterà la questione e mettere sul piatto della bilancia tutto il suo peso in favore della ripresa dei negoziati. Insomma, chiosa il titolare della Farnesina, la crisi in Medio Oriente «non sottolinea solo la passata debolezza dell'Ue ma può essere anche un'occasione di iniziativa di ripresa e di iniziativa per l'Europa». Questo, ha concluso D'Alema ancorando ancora una volta il «nuovo corso» della diplomazia italiana a quella di Bruxelles, «è l'impegno verso il quale si orienta il governo italiano».