Una bacchettata anche a Napolitano «Il presidente della Repubblica non intervenga nel dibattito politico delle coalizioni e dei partiti»
Ma mi auguro che non si arrivi a tanto». Non molla, Salvatore Cannavò, deputato «dissidente» del Prc e leader di Sinistra critica, componente minoritaria del partito, e ieri, dopo la direzione nazionale, ribadisce al il suo assoluto «no» al decreto di rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan: «Non è che mi fermo di fronte a questo provvedimento». Una «minaccia», come la definisce Cannavò, che il segretario del Prc, Franco Giordano, ha confermato in modo chiaro e tondo in un'intervista a Repubblica. «Chi vota no va contro la linea del partito e produce un atto violento di rottura della fiducia politica verso una comunità di compagni e di compagne che hanno scelto con passino un percorso democratico che ci ha portato ad approvare il ddl e la mozione» ha recitato il diktat di Giordano. Il che equivale a dire: Chi vota no al decreto sull'Afghanistan è fuori da Rifondazione. Una vera e propria resa dei conti che sta scuotendo il partito comunista, alle prese con altri «ribelli», tra cui i senatori Claudio Grassi e Luigi Malabarba (che il 20 lascerà il posto a Haidi Giuliani), vicini alle posizioni dello stesso Cannavò. Che, in merito alla direzione nazionale del partito taglia corto: «Ci siamo confrontati, adottando posizioni differenti, e abbiamo anche votato due mozioni diverse da quella appoggiata dal segretario Giordano». La quale ha, però, prevalso con 19 voti, e chiarisce la volontà del partito di votare sì al provvedimento sull'Afghanistan e che - sottolinea Giordano - «non autorizza a prendere una linea diversa rispetto a quella decisa dal partito stesso». Un «richiamo» che pesa sulla scelta dei parlamentari contrari al rifinanziamento, già pressati dagli alleati dell'Unione, e che hanno visto intervenire anche il presidente della Repubblica Napolitano. In un'intervista concessa a un quotidiano tedesco, infatti, il capo dello Stato aveva lanciato un monito: «Se la maggioranza di governo non fosse coesa sulla questione della prosecuzione della missione afgana e dovesse dipendere da voti decisivi dell'opposizione, ciò sarebbe un grave segno di debolezza del centrosinistra». Napolitano aveva poi aggiunto, riferendosi ai «dissidenti» dell'Unione, che «sono solo piccoli gruppi su posizioni anacronistiche, prive di realismo e con scarso seguito». Parole che non sono piaciute a Cannavò: «Napolitano sta svolgendo un ruolo per nulla congruo alla sua posizione» - afferma - Ciò perchè «non sta al presidente della Repubblica intervenire nel dibattito politico delle coalizioni e dei partiti. Direi che è veramente inopportuno il modo con cui il capo dello Stato sta intervenendo». Infatti «non credo che competa a lui fare questi appelli. Anzi penso che tutto il costituzionalismo italiano mi darebbe ragione». Spostando poi l'attenzione sulla crisi mediorientale e sulla proposta ribadita dal premier Prodi e dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema di inviare truppe sotto l'egida Onu come forza d'interposizione in Libano e in Palestina, il deputato Prc si rasserena e sfoggia intesa con il proprio partito: «Questa è una richiesta che ha fatto anche Rifondazione e che ci trova tutti d'accordo. Tant'è che nei due documenti presentati oggi, sia in quello di maggioranza sia in quello di minoranza, c'è la stessa proposta: una forza Onu di interposizione in Palestina per cercare di pacificare la situazione. Ecco - conclude Cannavò - quello è un esempio di che cosa sia una missione di pace, non una missione di guerra».