di SIMONA CAPORILLI TAXI, con il governo è muro contro muro.
Accettata la rischiesta di non fare il cumulo e non mettere in campo le doppie macchine. Vivace la protesta sulla piazza che ha visto protagonisti 8 mila tassisti in corteo dal Circo Massimo a piazza SS. Apostoli contro il Decreto Bersani, nota dolente dei professionisti. Ieri, c'erano ottomila facce provenienti da tutta Italia: indifferentemente da Milano come da Genova - attesi per tutta la mattina quattro autobus dal capoluogo ligure scortati al Circo Massimo dai colleghi romani — cartelloni con su scritti slogan indirizzati contro il presidente della Repubblica Napolitano, il ministro Bersani, il presidente del consiglio Prodi. Il traffico romano ha resistito all'urto degli 8 mila. Il fine? Arrivare in piazza SS. Apostoli per il comizio di metà giornata. I professionisti colpiti da Bersani? Farmacisti, notai, avvocati e, appunto, tassisti. Le radici delle ragioni della politica del governo vanno rintracciate diciotto giorni fa: il 30 giugno il consiglio dei ministri, infatti, ha varato il decreto sulle liberalizzazioni delle licenze. Il giorno dopo è iniziato lo sciopero a Milano, Roma, Torino. Le ragioni dei tassisti hanno portato argomenti dettati dal «mercato indiscriminato», di «criminali che potrebbero entrare a far parte della categoria tassisti» e di un piatto di minestra che «a questo punto, secondo il governo, dovrebbe essere diviso in tre». A condire una situazione di per sé complessa ci sono stati sporadici episodi di violenza: giorni e giorni fa un fotografo aggredito davanti a Palazzo Chigi, ieri un giornalista del Corriere — Paolo Foschi — preso a ceffoni da due tassisti. Per lui, che ha esposto una denuncia contro ignoti, sei giorni di prognosi. Immediate sono state le repliche dal mondo istituzionale, per puntare il dito contro un «gesto vile». I tassisti del corteo non conoscono le mezze misure. Il loro simbolo, esposto al corteo di ieri, è stato quello di un Cristo crocefisso su una croce povera, composta da due tavole di compensato colorate da sprazzi di vernice rossa. Solamente tre giorni dopo il primo sciopero, precisamente il 4 luglio, il ministro Bersani si è detto pronto al confronto. Il servizio taxi ha iniziato a procedere a singhiozzo con adesioni spontanee in tutta Italia. E solo i mondiali di calcio sono arrivati in soccorso dei cittadini, dissuadendo i tassisti dall'occupazione di piazza Venezia a Roma. Dal 12 luglio in poi si sono iniziati ad aprire i primi spiragli di dialogo: Bersani ha promesso la «liberalizzazione», oltreché delle licenze, anche dei turni di lavoro. Ma niente da fare, perché con i tassisti è stata di nuovo rottura. Inaccontentabili, questi ultimi ieri, dalle fila del corteo hanno commentato che «allungare i turni creerebbe ancor più confusione. Ad esempio, se decidessimo di uscire tutti insieme in uno stesso momento in piazza Venezia, o a Fiumicino», hanno detto a una voce unica i tassisti Pietro e Ugo Fiorino. Non solo. Tra le richieste vi è anche quella di ottenere il differimento di sei mesi della norma. «Vi prometto che qualsiasi decisione che riguardi la nostra categoria non sarà presa in via Molise ma sarà sottoposta prima alla vostra attenzione e all'approvazione di questa assemblea. Vi prego di mantenere la calma perché stanno strumentalizzando ogni nostra azione, ci trattano come se fossimo dei no-global», è la piazza — secondo quanto affermato da Loreno Bittarelli, presidente dell'Unione Radiotaxi Italiana — a decidere modi e tempi di un decreto che porta le firme del premier Prodi. Ma il «gesto vile», quello di colpire un giornalista, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, facendo trasalire il centrosinistra: «La protesta dei tassisti contro i provvedimenti del governo sta assumendo modi intollerabili», ha dichiarato il coordinatore romano della Margherita Roberto Giachetti. Nel tardo pomeriggio, dopo una lunga giornata (iniziata alle otto del mattino) in corteo a partire dal Circo Massimo, l'attesa per il res