Dpef
Non piace ai «radicali» ma il vero banco di prova sarà la Finanziaria
È lì che Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà Sociale in quota Rifondazione Comunista, ha deciso di mettere in atto la sua protesta non votando un documento che «non garantisce che l'azione di risanamento non si traduca in un taglio della spesa sociale su settori importanti a partire dalla sanità e dalle pensioni». Il resto è venuto da sè. Con Rifondazione, Verdi e Pdci a criticare i contenuti del Documento. E Corte dei Conti, categorie imprenditoriali e sindacati a fare il resto con reazioni non certo entusiaste. Una piccola avvisaglia di quello che potrebbe essere la si è avuta mercoledì scorso in commissione Difesa del Senato. Proprio lì, dove la perfetta parità tra Cdl e Unione aveva permesso a Sergio De Gregorio (Idv) di strappare la presidenza a Lidia Menapace (Prc), al primo voto importante la maggioranza è andata sotto. Sul banco degli imputati il senatore del Prc Fosco Giannini che, astenendosi, ha permesso alla commissione di bocciare il parere sul Dpef stilato dal relatore Gianni Nieddu (Ulivo). Certo, si trattava solo di un parere consultivo e poi, come si è sbrigato a spiegare l'ufficio di presidenza del Prc al Senato, l'astensione di Giannini nasceva da un discutibile emendamento del senatore Nieddu che mirava a ripristinare nella prossima finanziaria i fondi tagliati col Dpef. Ma la vicenda è assai emblematica. Anche perché, il giorno dopo, il segretario del Prc Franco Giordano, intervistato da Radio Radicale, ha difeso la scelta di Ferrero spiegando che la sua astensione è «un punto di partenza» e che il Prc, attenendosi al programma, «dice no a una politica di risanamento disgiunta dal rilancio del Paese». Insomma, forse la maggioranza non si spaccherà sul Dpef ma durante la stesura della Finanziaria ne vedremo delle belle.