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I professionisti: «Vogliamo lo stralcio»

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Ma gli ordini professionali non protestano solo, offrono anche una mediazione: riprendere l'esame della riforma muovendo dal testo Vietti-bis attribuendo la competenza esclusivamente al ministro della Giustizia previa la consultazione obbligatoria delle categorie professionali interessate. Sono questi i punti che i rappresentanti del Cup, il coordinamento unitario delle libere professioni, hanno evidenziato ieri nel corso dell'audizione davanti alle commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato presiedute da Enrico Morando e da Giorgio Benvenuto. In particolare per i professionisti hanno criticato le modalità dell'intervento tramite decreto legge, la retroattività di alcuni aspetti normativi in dispregio ai principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento sancito dai diritti del contribuente, la mancanza di consultazione delle categorie interessate, la mancata trasparente valutazione economica delle nuove norme tributarie inserite negli ordinamenti sulle strutture economiche e finanziarie delle imprese e sul funzionamento degli studi professionali, la confusione tra le misure di razionalizzazione e quelle sull'evasione fiscale. «La riforma delle professioni intellettuali - si legge nel documento che i liberi professionisti hanno illustrato ai senatori - non può tener conto della peculiarità dell'attività professionali. Le professioni intellettuali si caratterizzano non solo per il rapporto fiduciario che si istaura fra cliente e professionista ma anche per la dimensione pubblicistica connessa, da un lato, all'impatto sociale che l'attività professionale produce in relazione all'affidamento della tutela dei terzi, dall'altro all'esercizio di incarichi assegnati direttamente dalla Pubblica amministrazione. La tutela che la legislazione statale assicura alle professioni, trova il proprio fondamento - hanno ricordato i membri del Cup - nell'esigenza di tutelare non i professionisti bensì l'affidamento del pubblico, garantendo che coloro che offrono la propria prestazione professionale possiedano l'indispensabile competenza e indipendenza». I rappresentanti delle libere professioni hanno poi sottolineato la necessità di «definire tariffe di riferimento che, seppur derogabili pattiziamente dalle parti, costituisca validi parametri per i clienti che si trovano in una situazione di asimmetria informativa e dunque spesso non in grado di valutare il servizio percepito a causa del divario informativo tra cliente e professionista». Alcune perplessità vengono poi sollevate in ordine alle disposizioni contenute nel decreto Bersani, in merito alle società professionali. Secondo quanto evidenziato nel corso dell'audizione è necessario tra l'altro che sia individuato uno specifico tipo societario per il quale sia previsto un oggetto sociale limitato all'esercizio dell'attività professionale, un'esclusiva partecipazione alla società di soci professionisti con esclusione di qualsiasi mera partecipazione di capitale da parte di non professionisti, la sottrazione alla disciplina del fallimento in quanto non attività commerciale, le modalità di iscrizione agli albi professionali. Una sola apertura, seppure con qualche distinguo, da parte dei professionisti e in particolare dai commercialisti sulla pubblicità. «Siamo aperti - scrivono nel documento i rappresentanti del Cup - ma riteniamo che per salvaguardare l'affidabilità del terzo, potenziale cliente, che debba essere preclusa la pubblicità di tipo commerciale volta ad esaltare la prestazione professionale, la comparabilità con altri professionisti e che possa offendere la dignità e il decoro professionale». La conclusione dei professionisti è tuttavia negativa: le norme del decreto Bersani non solo non hanno semplificato il sistema ma l'hanno peggiorato con misure punitive per i professionist

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