Dopo la sbornia del calcio
la prima tegola: D'Alema minaccia le dimissioni
Già, perché se la Coppa del Mondo è diventata un ottimo motivo per chiedere «l'amnistia pallonara», non lo è per dimenticare i nodi che, da qualche settimana, tengono sulle spine Prodi e i suoi. Così, il giorno dopo le celebrazioni romane, ecco materializzarsi, ancora una volta, lo spettro della crisi di governo. Ad agitarlo è il ministro degli Esteri Massimo D'Alema che da Bruxelles avverte: «Se la politica estera non va bene, il mio mandato è a disposizione». Un avvertimento che accende ancora di più la polemica interna alla maggioranza sull'Afghanistan. Come se non bastasse, la minaccia arriva proprio nel momento più delicato per il Governo. Da qui alla fine di luglio, infatti, Camera e Senato saranno chiamate a dare il via libera ad importanti provvedimenti. E a palazzo Madama si sa, ogni voto rischia di essere decisivo. Ma andiamo per ordine. Il primo «nodo» ad arrivare in Aula sarà il decreto Bersani sulle liberalizzazioni. Il Senato comincerà l'esame del testo lunedì 24 luglio anche se, nelle ultime ore, si sta facendo strada l'ipotesi che il governo, per evitare la prova di forza sugli emendamenti, potrebbe porre la questione di fiducia. Parte della maggioranza, infatti, compreso il Guarsagilli Clemente Mastella, non ha gradito il metodo che ha portato all'approvazione del testo e quindi, potrebbe fare fronte comune con l'opposizione su alcune modifiche. Passata la «bufera Bersani» sarà la volta del Dpef (che arriverà al Senato il giorno successivo). La decisione del ministro Ferrero di non firmare il Documento di Programmazione Economica aveva messo in allarme Prodi. Un allarme che è in parte rientrato anche se ieri alcuni partiti sono tornati alla carica. Il Dpef, in realtà, sembra essere solo un pretesto per stigmatizzare quella che presto potrebbe diventare una prassi pericolosa. Per il capogruppo del Prc alla Camera Gennaro Migliore, infatti, «ci sono perplessità sul metodo adottato dal governo sugli ultimi provvedimenti, vedi il Dpef. Bisogna ci sia più dialogo cona la maggioranza». Un timore condiviso anche dal leader del Pdci Oliviero Diliberto: «Non è possibile scrivere il Dpef nella notte e portarlo in Consiglio dei ministri la mattina dopo». Insomma, Prodi è avvisato. La sua maggioranza, probabilmente, non si spaccherà sul voto al Dpef, ma la stesura della Finanziaria si preannuncia particolarmente difficoltosa. Dove l'Unione rischia di più, però, è sulla questione Afghanistan (come dimostrano anche le parole di D'Alema). Il ddl sul rifinanziamento delle missioni all'estero dovrebbe arrivare al Senato il 25 luglio. Fino ad allora il governo proverà a far rientrare il dissenso dell'ala più radicale della coalizione. I sette senatori «ribelli», infatti, non hanno nessuna intenzione di votare il disegno di legge e, anche se potrebbero perdere per strada Luigi Malabarba che lascerà il posto alla più «mite» Heidi Giuliani (il 20 luglio palazzo Madama discute le sue dimissioni), il fronte del no è ancora «troppo forte». Ma non sono solo i voti al Senato a mettere in crisi l'unità della compagine governativa. Anche i partiti dell'Unione, infatti, non godono di buona salute. I Ds, ad esempio, hanno rinviato di quattro giorni il Consiglio Nazionale in programma il 13 luglio. Il rinvio è stato deciso, ufficialmente, perché i parlamentari non possono assentarsi dall'Aula, ma sono in molti a pensare si tratti di una scelta strategica per posticipare il confronto fratricida tra la maggioranza e la minoranza della Quercia sul tema del Partito Democratico. E, mentre Sdi e Radicali stanno sfogliando gli ultimi petali della Rosa nel Pugno, anche Rutelli deve fare i conti con i mal di pancia dei Popolari della Margherita. Il tutto senza contare la competition tra Pdci e Prc per conquistare voti a sinistra. Per Prodi, insomma, si preannuncia un mese delicato. Altro che Mondiali.