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Prodi sale sul carro dei vincitori

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La vittoria dell'Italia ai Mondiali tedeschi è diventata per l'Unione l'ennesimo successo da festeggiare. Un successo politico ancora prima che calcistico. Romano Prodi l'ha buttata lì quasi per scherzo commentando a caldo l'impresa azzurra: «Abbiamo vinto per un palo, un palo ha fatto la differenza. Ci sono delle competizioni in cui si vince così...» Un riferimento malizioso a quei 25mila voti che hanno portato il centrosinistra alla guida del Paese? Sicuramente sì visto che, anche ieri, il portavoce del Professore Silvio Sircana ha ribadito il concetto. «Ne sono assolutamente certo - ha detto intervistato da Francesco Verderami per la striscia In breve in onda su La7 - il "fattore C" di Prodi salverà il governo che durerà 5 anni». Insomma calcio e politica unite nel segno del «fattore C». E la sinistra festeggia. Pensare che in questi mesi, proprio da sinistra, sono arrivati gli attacchi più duri all'indirizzo della Nazionale di Lippi. Una Nazionale figlia del «più grande scandalo della storia del nostro calcio» (Gabriele Polo sul Manifesto del 23 giugno). Una Nazionale festeggiata da cortei «nazionalisti e xenofobi» (Piero Sansonetti su Liberazione del 6 luglio). Una Nazionale che, per molti sarebbe dovuta rimanere a casa per espiare i propri peccati. Primo fra tutti aver venduto «l'anima candida» del calcio alle logiche perverse del capitalismo. Oggi, invece, quella stessa squadra è il simbolo per eccellenza del «fattore C», del prodismo inteso come apice delle fortuna, anche e soprattutto politica. Così tutta l'Unione è in festa. Da Prodi a Marini («Hanno offerto un esempio di coesione e di orgoglio che fa bene al Paese»). Da Bertinotti («Un'impresa sportiva fa la gioia di un intero Paese, che nella festa scopre, più di quel che sa ogni giorno, le ragioni di qualche momento di fraternità») a Rutelli («Con l'unione, quella con la "u" minuscola s'intende, si vince»). Leftwing, il sito della «gioventù dalemiana», si è spinto oltre lanciandosi in un ardito parallelo tra la vicenda calcistica della Nazionale di Lippi (o se preferite «la nazionale di Prodi») e quella politica del governo chiamato a vincere la partita del rilancio del Paese. Anche la Cdl, ovviamente, non si è sottratta al carosello dei festeggiamenti al punto che qualcuno, forse un po' ingenuamente, si è domandato: che l'Italia abbia ritrovato, grazie alla Nazionale, l'unità perduta? Che il calcio possa riuscire laddove la politica ha fallito? Magari. Il clima di perfetta intesa bipartisan non è durato neanche 12 ore. Giusto il tempo di rituffarsi nelle cose di tutti i giorni che i Poli hanno ricominciato a fare la guerra. Per la verità i primi a litigare sono stati proprio membri dell'esecutivo che non hanno certo dimenticato i motivi di attrito delle ultime settimane. Anzitutto il nodo del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria. «Questa condizione per cui il Dpef, cioè il documento di indirizzo della politica economica del Paese esce da qualche nottata del Consiglio dei ministri vi sembra ragionevole?» si è domandato ieri retoricamente il presidente della Camera Fausto Bertinotti. Che, poi, per non lasciare la questione in sospeso, si è risposto: «No, non lo è affatto». E mentre il sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti insiste sull'idea, che aveva causato tante fibrillazioni a sinistra, di un ingresso di Israele nella Nato, l'inviato dell'Onu Tom Koenigs è tornato a chiedere un aumento di truppe italiane in Afghanistan. Il tutto mentre le Frecce Tricolori, che la sinistra radicale aveva bollato come inutili e troppo costose, sorvolavano i cieli di Roma per festeggiare gli «eroi di Berlino». Dal canto suo il centrodestra non ha risparmiato attacchi all'esecutivo. «Siamo di fronte al governo del Klu Klux Klan. Un comportamento da incappucciati davanti alla riconferma della nostre missioni all'estero» ha detto la deputata di FI Maregherita Boniver. Mentre l'azzurro Giorgio Lainati ha ironizzato sul premier che ha paragonato la sua vittoria elettorale a quella ca

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