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Grandi (Economia): «L'accordo si troverà, su le tasse ai ceti medio-alti»

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Il ministro Ferrero ha lanciato un segnale o una minaccia ai colleghi della maggioranza? «Le dichiarazioni di Ferrero mi spingono a preoccuparmi a trovare le soluzioni giuste. Il ministro di Rifondazione contribuisce alla discussione con degli interrogativi non privi di fondamento. Lui dice: fatemi capire come si traduce in Finanziaria quello che c'è dentro il Dpef. La maggioranza non è in pericolo perché una regola che ci siamo dati è quella di non imporre nulla ma, concertando, trovare dei punti di equilibrio». E dove è il punto di equilibrio con Rifondazione e i Comunisti Italiani? «Fare una manovra che coniughi il rigore allo sviluppo economico che si basi sulla selettività dei tagli e l'equità sociale». Lasci stare il il politichese, in concreto che cosa vuol dire? «Significa ad esempio che se interveniamo con tagli nella pubblica amministrazione, non saranno generalizzati come è stato fatto in passato. Verrano ridisegnate le piante organiche per vedere dove c'è esigenza di personale e dove no, poi si interverrà. La manovra avrà una forte connotazione sociale nel senso che ci sarà una redistribuzione del carico fiscale facendo in modo che chi finora ha poco contribuito al risanamento del Paese adesso lo faccia». Più tasse ai redditi medio alti? «Il ceto medio è impoverito, non è vero che vogliamo colpirlo. Ma ci sono i redditi medio alti che si devono rassegnare a dare una mano a rimettere in sesto i conti pubblici». Mettiamola così: per non fare arrabbiare Rifondazione e i Comunisti metterete le mani nelle tasche del ceto medio-alto e farete i tagli col bilancino? «Ci sono delle iniziative che sono necessarie quando si tratta di rimettere ordine nei conti pubblici». D'accordo, ma come? «Sul fronte delle entrate la questione chiave è un'iniziativa dal punto di vista fiscale che interviene sull'equità. C'è una parte del Paese che si è arricchita, a scapito dell'altra, e che dovrà dare un contributo maggiore». Può indicare alcune misure su cui state ragionando? «La lotta all'evasione e all'elusione fiscale sono al primo punto. Bisognerà intervenire sull'eredità dei grandi patrimoni. Va ridiscusso il secondo modulo della riforma fiscale di Visco. Questo costa 6 miliardi, una cifra che non ci possiamo permettere e poi non ha portato nessun vantaggio alla ripresa economica. In alternativa si potrebbe anche ridisegnare il sistema delle aliquote che porta un agravio forte verso il basso e uno sgravio per i redditi alti. Ora l'aliquota minima è stata innalzata dal 18 al 23% con l'effetto che sulle liquidazioni gravano cinque punti in più di tassazione pari a 1 miliardo di euro l'anno». Con le liberalizzazioni la sinistra si è impadronita dei temi della destra? «No. Ci sono delle iniziative che sono necessarie come l'apertura dei mercati, la rottura di schemi corporativi e la durezza di provvedimenti per il risanamento e per ridare al Paese una prospettiva di sviluppo e di equità».

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