Celli, Cattaneo Cappon, la dura vita del manager tv
Capitò così a Pierluigi Celli. Appena terminò il progetto di divisionalizzazione aziendale, il piano - che era ancora riservatissimo - finì su un sito internet. Una manina gentile l'aveva spedita in rete in modo tale che, diventando pubblica, fosse silurato. E così fu, sebbene oggi l'idea di Celli sia stata successivamente ritenuta valida. E l'allora dg ha continuato a guidare aziende. Come Ipse, e soprattutto come Unicredit e ora è il direttore generale della Luiss. Ed è quello che sta accadendo in questi giorni a Flavio Cattaneo. Come direttore generale ha, tra l'altro, creato il primo codice deontologico Rai ed portato all'azienda un utile record di 130 milioni dopo anni di bilanci al lumicino. Eppure, quando sedeva a viale Mazzini in tanti - troppi - hanno cercato di tirarlo per la giacchetta da questa o quella parte politica, pronte a lodare o a denigrare solo in chiave utilitaristica. Talmente utilitaristica da dimenticare anche che, nel 2004, la gestione Cattaneo portò dopo anni bui un dividendo di 80 milioni tondi tondi al suo azionista, il ministero del Tesoro: fatto epocale in una Rai dove la maggior parte dei dirigenti è convinta che bisogna «tenere i soldi in casa». Eppure oggi Cattaneo, che non a caso è andato a guidare con successo anche Terna, viene tanto nominato per notizie che non hanno nulla a che fare con la sua gestione. Sembra ora che il nuovo direttore generale Claudio Cappon, peraltro eletto e applaudito da tutti con un metodo «concertativo», ed il consiglio di amministrazione, con gli ultimi provvedimenti che in qualche modo cercano di limitare la voglia di protagonismo anche dell'ultima comparsa, stiano andando nella direzione giusta. Eppure, Cappon sembra costretto a dover fare i conti con la smania di una parte politica di «riappropiarsi» della Rai (visto che la sinitra l'ha sempre considerata una cosa sua, parola di Giuliano Amato). Se resisterà passerà alla storia, ma certamnete partirà qualche gossip contro di lui. Altrimenti, si dovrà preoccupare.