Violante sta con la Cdl e bacchetta il governo
In questo caso era infatti in discussione il corretto funzionamento delle istituzioni». Luciano Violante torna sulla seduta di Montecitorio di giovedì pomeriggio. Quando il governo ha dovuto ammettere che stava forzando, e non di poco, le regole di un sano rapporto fra esecutivo e Parlamento. E quando ha di conseguenza accettato due ordini del giorno bipartisan che paradossalmente lo impegnavano a non esercitare due deleghe legislative inserite nel medesimo decreto legge che veniva approvato in quello stesso momento. «Indubbiamente non si può avallare un principio politico - ha spiegato al Velino il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera - in base al quale Montecitorio non può più modificare quei provvedimenti che hanno già ottenuto il via libera del Senato, poiché farli ritornare a Palazzo Madama per una seconda lettura ne renderebbe rischiosa l'approvazione per via dei numeri risicati di cui dispone lì il centrosinistra. Il Governo può magari far partire il più spesso possibile l'iter delle leggi da Montecitorio, per garantirci la possibilità di elaborarle. Ma anche questa non può certo essere una regola fissa». Per Violante comunque il problema di una possibile esautorazione della Camera dei deputati esiste. «Se passa la logica per cui le leggi che arrivano dal Senato devono essere accolte a scatola chiusa- continua -, nel timore di doverle poi far tornare nell'altro ramo del Parlamento, i deputati della maggioranza potrebbero alla lunga sviluppare una forte frustrazione politica. E a quel punto le conseguenze sulla vita dei provvedimenti potrebbero essere spiacevoli». «D'altronde - ricorda Violante - successe la stessa cosa, e molto spesso, nella scorsa legislatura. Quando Giulio Tremonti e i suoi fedelissimi portavano in aula dei provvedimenti economici da approvare senza dibattito».