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di GIANNI DI CAPUA WALTER c'è.

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Per questo è sceso in campo cercando di forzare i tempi. Prima ha fatto la «guest star» al convegno organizzato martedì a Roma dall'Associazione per il Partito Democratico presieduta da Gregorio Gitti. Poi ha rilasciato un'intervista a Panorama (pubblicata ieri). Il leit motive è sempre lo stesso: o si fa subito il Pd o salterà tutto, anche il governo Prodi. Insomma, più ulivista degli ulivisti, Walter Veltroni sta facendo di tutto affinché il progetto del nuovo partito vada in porto e, possibilmente, nel più breve tempo possibile. Dopotutto era stato l'ingegnere Carlo De Benedetti, quasi 8 mesi fa, durante un convegno romano su «Idee per il partito democratico», a lanciare la sua profezia: il domani sarà di Rutelli e Veltroni. Un concetto ripetuto qualche giorno dopo sulle pagine del Corriere della Sera: «Prodi è l'uomo per le riforme. Rutelli e Veltroni sono dei cinquantenni e alla loro generazione tocca il compito di ridare al Paese il senso di una missione». Oggi quella profezia sembra lentamente avverarsi. Da un lato, infatti, il vicepremier è stato il più solerte ad annunciare che, nel suo prossimo congresso, la Margherita darà il via libera alla costruzione del nuovo soggetto; dall'altro, invece, il sindaco di Roma ha sorpassato Fassino (impantanato nel cercare di non spaccare il partito) e si è presentato come l'interlocutore privilegiato all'interno dei Ds. Tra i due, però, è Rutelli quello che sembra avere più problemi. Negli ultimi giorni i mal di pancia all'interno della Margherita sono notevolmente aumentati. Anche ieri gli ex Dc del partito che si riuniscono sotto le insegne dei Popolari Dl (tra gli altri Castagnetti, Bindi, Mancino, De Mita e Marini), hanno chiesto garanzie sulla natura del Pd. «Il dato - ha detto Castagnetti al termine di un confronto durato 4 ore - è che non viene messo in discussione "se" il partito democratico vada fatto, ma serve un esame molto rigoroso del "come"». Il tutto mentre un ulivista per eccellenza come Arturo Parisi, dalle pagine de La Stampa lanciava una «frecciatina» a Rutelli: «Ha la dote del coraggio e il vantaggio di non doversi caricare di un'identità. Il che è anche un limite: oltreché conservazione l'identità indica tenuta». Nessun problema, almeno per il momento, per il sindaco di Roma che, anzi, gode della stima incondizionata di tutta la Quercia (anche della sinistra interna al Botteghino) per il lavoro fatto in questi anni e per quel «modello Roma» che in molti citano un sinonimo di eccellenza. Sulla sua strada, però, Veltroni potrebbe scontrarsi con un oppositore d'eccezione: il segretario Ds Piero Fassino. Il numero uno del Botteghino non può permettersi di perdere la battaglia per la guida del Pd sulla quale ha investito buona parte della sua credibilità politica. La cosa, però, non crea troppo fastidio a Veltroni che, anzi vedrebbe di buon occhio la possibilità che sia Fassino a guidare il nuovo soggetto. Dopotutto sono in molti a pensare che il vero sogno di Veltroni sia quello di succedere a Prodi sulla poltrona di palazzo Chigi. Anche qui, però, c'è da battere Rutelli ed è praticamente certo che, con un Pd guidato da Fassino, le cose sarebbero sicuramente più facili.

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