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di GIANNI DI CAPUA L'ASSE Prodi-Rutelli cerca di accelerare, Fassino tiene la posizione e prende tempo.

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Una giornata che, all'hotel Radisson di Roma, ha visto confrontarsi il gotha del pensiero ulivista sul tema che sta condizionando il dibattito politico all'interno del centrosinistra: la costruzione del partito democratico. La scossa vera e propria è arrivata da Romano Prodi. In realtà gli organizzatori hanno avuto qualche difficoltà tecnica a trasmettere il videomessaggio inviato dal presidente del Consiglio (ci hanno provato per ben tre volte) così, il suo contributo, è arrivato quando già la discussione era entrata nel vivo. Ed è stato un contributo dirompente. «Se non andiamo a passo veloce - ha osservato il presidente del Consiglio - rischiamo di cadere. Se ci si ferma, riprendere il cammino sarà quasi impossibile». Quindi l'appello a evitare le logiche e gli interessi di parte («Il nuovo non si costruisce con il bilancino») e l'invito ad andare oltre a Ds e Margherita per coinvolgere cittadini, movimenti e associazioni. Parole non casuali visto la composizione della platea dove facevano bella mostra di sè la presidentessa di Libertà e Giustizia Anna Bonsanti, il direttore di Micromega Paolo Flore D'Arcais e numerosi cittadini. Sono loro, insomma, nell'idea di Prodi e degli organizzatori del convegno, il vero motore del Partito Democratico. Per questo i partiti devono superare gli stop and go di queste settimane per non rischiare di perdere, come ha detto anche il sindaco di Roma Walter Veltroni, «un treno che non passerà più». E, mentre Arturo Parisi (ulivista della prima ora e braccio destro del Professore) lancia l'idea di una consultazione ampia sulla falsariga delle primarie che, entro l'autunno, dovrà dare il via libera al manifesto del partito democratico, i due attori principali del nuovo progetto (Rutelli e Fassino) reagiscono in modo diverso alla provocazione del premier. Dopotutto era immaginabile. Sul fronte della Margherita, infatti, l'ex sindaco di Roma ha saldamente in mano le redini del partito e, nonostante alcune resistenze, non corre pericolo di scissioni. Per questo, il vicepremier ha assicurato che la Margherita darà il via libera al nuovo partito con il prossimo congresso. Chi invece deve calibrare di più mosse e parole è il segretario della Quercia Fassino, alle prese con un'opposizione interna che chiede un congresso e che ha fatto capire che potrebbe essere pronta alla scissione se i Ds diventeranno un'altra cosa. Per questo Fassino ha proposto per settembre un seminario di due giorni (come fece l'Ulivo a Pontignano nel 1995), con una vasta platea di dirigenti politici, intellettuali ed esponenti della società civile. L'esigenza del segretario, però, è soprattutto quella di non perdere pezzi, per questo ha teso la mano alle minoranze interne: «I dubbi di Fabio Mussi sono in assoluta buona fede. Il nostro dovere è quello di ragionare e di discutere perché se siamo convinti delle nostre buone idee dobbiamo lavorare per portarci tutti dentro». Ora però, per il segretario del Botteghino, inizia la sfida più difficile. Con Prodi (e una buona fetta di movimenti e associazioni) in pressing e Rutelli che ha già risposto «presente», Fassino non può tergiversare ancora per molto. Ora il cerino acceso è solo nelle sue mani.

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