«Il partito democratico non nascerà senza Ds e Dl»

Franco Monaco, deputato dell'Ulivo, è uno di quelli che nella prassi della politica viene classificato nella categoria dei «prodiani» della Margherita. Uomo molto vicino al ministro della Difesa Arturo Parisi, Monaco non ha dubbi: «Il Partito Democratico nascerà». Onorevole, i partiti frenano la base accelera e c'è già qualcuno che dice che il futuro Partito Democratico potrebbe nascere senza il contributo di Ds e Dl. Sarà così? «È velleitario immaginare che il Partito Democratico possa nascere prescindendo dal contributo dei partiti. Per converso non sarebbe una novità un Partito Democratico che si risolvesse in una "fusione a freddo" tra gli organigrammi dei due partiti promotori». Gli elettori, però, sembrano non poterne più di questi continui stop and go? «Gli antefatti del Partito Democratico sono principalmente due. Da un lato le liste unitarie dell'Ulivo più volte sperimentate con successo e che, anche recentemente, hanno mostrato di essere un valore aggiunto rispetto ala somma di Ds e Margherita. Dall'altro l'esperimento delle primarie nel quale si è manifestata una domanda di partecipazione che trascende i confini dei singoli partiti». Oggi a Roma queste due dimensioni si troveranno a confronto nel convegno organizzato dall'associazione per il Partito Democratico. Qualche suo collega dice che, così, si rischia di creare confusione. Lei cosa ne pensa? «Credo che il convegno di oggi sia una preziosa occasione perché, in qualche modo, testimonia efficacemente la pluralità dei soggetti costituenti del nuovo Pd: i partiti, i cittadini liberamente associati, i movimenti, gli intellettuali e gli amministratori locali». Proprio questi ultimi sembrano, dal punto di vista politico, la punta più avanzata del Partito Democratico. «Gli amministratori locali sia per il largo consenso che li ha sostenuti, sia per la qualità della loro azione, hanno già dimostrato di saper andare al di là dei paradigmi tradizionali». Un'ipotesi che, però, sembra spaventare gli apparati dei partiti? «Non mi sorprende che dai partiti arrivino delle resistenze. Non ho mai coltivato l'illusione che il percorso del Pd fosse in discesa. Nei Ds e nella Margherita c'è uno "spirito di conservazione" che definirei naturale, ma sono certo che le istanze di innovazione e apertura sono largamente prevalenti. Altrimenti non ci sarebbe stata l'esperienza della lista dell'Ulivo e quella dei gruppi unitari in Parlamento e altrove». Quindi le resistenze che si registrano, ad esempio da parte del Correntone Ds, sono il sintomo di un'idea un po' vecchia del centrosinistra? «Direi di un'idea un po' statica e angusta della sinistra. Il mondo è cambiato e anche il concetto di sinistra si è fatto più esteso rispetto a ciò che sta solo nel solco dei partiti social-comunisti. Il nuovo Pd più che un partito riformista, dovrà essere un partito riformatore. Cioè dovrà far proprio il propostio di cambiare i rapporti sociali coniugando la cultura di governo con istanze più radicali. Insomma, replicherei a Mussi, non sarà il centro moderato dell'Unione». E quando dovrà nascere? «Non mi impiccherei sulla questione dei tempi. Diciamo che è meglio farlo bene che presto. Tuttavia potremmo darci come orizzonte, affinché i tempi siano politici e non biblici, la fine della legislatura o, meglio ancora, il 2009. Cioè in tempo utile per le elezioni europee». È d'accordo con chi dice che il nuovo Partito Democratico nascerà da un'Assemblea Costituente eletta su base federale? «Diciamo che il nuovo soggetto dovrà avere base federale. Cioè dovrà essere espressione dei territori e delle Regioni. Il federalismo che noi proponiamo per le istituzioni dovrà esserci anche nel partito». Possiamo dire che il nuovo soggetto sarà il partito di Prodi? «Prodi è colui che con più lumgimiranza e determinazione, fino al limite della testardaggine ha coltivato questo soggetto. Oggi è lui il leader naturale e il garante del processo costituente. È ovvio che,