A 30 all'ora su Roma-Fiumicino e Raccordo
Alle 22 piazza Venezia bloccata da un presidio
I viaggiatori sbigottiti e smarriti che arrivano all'aeroporto internazionale Leonardo da Vinci trovano sbarrate le portiere delle auto bianche e restano a piedi con le valigie in mano. Molti non capiscono. Qualche straniero scuote la testa sconsolato parlando del «solito» sciopero organizzato dai sindacati. Ma di organizzato c'è poco. Anzi. La parola che viene ripetuta dai driver romani è «spontaneo». Il rifiuto di far salire clienti a bordo è spontaneo, il rallentamento (e non «blocco», precisano) su Raccordo Anulare, Roma-Fiumicino e Cristoforo Colombo è spontaneo, i «caroselli» tra piazza Venezia, via del Corso e piazza Barberini e la cacofonia di clacson sotto Palazzo Chigi idem. Una protesta scoppiata in ritardo a Roma ma che continuerà «spontaneamente» anche nei prossimi giorni. Fino a domani, quando al Circo Massimo i tassisti decideranno data e modalità dello sciopero nazionale già annunciato per l'11 luglio. Una vera e propria «marcia su Roma», dicono. L'agitazione «a singhiozzo» parte di buon'ora dai punti cruciali della metropoli, l'aeroporto e la stazione Termini. Da Fiumicino, dopo un'assemblea, decine di auto bianche si dirigono verso la città a 30-40 all'ora. Una «lenta marcia» che provocherà non pochi disagi al traffico. E anche a Termini i clienti che si avvicinano alle vetture ricevono la stessa risposta: «Oggi non si lavora». In almeno un caso, sembra, i tassisti si sono anche fermati, anche se soltanto per pochi minuti. Stesso discorso sul Gra: lungo l'anello d'asfalto che circonda la Capitale il piede dei driver è rimasto leggero sull'acceleratore e le auto hanno occupato tutte e tre le corsie. E poi di nuovo sulla Roma-Fiumicino, stavolta facendo il percorso a ritroso ma sempre alla stessa velocità e, infine, sulla Colombo. Ma all'interno delle Mura Aureliane non va meglio. Per oltre un'ora una trentina di taxi hanno girato intorno all'aiuola di piazza Venezia. Altri hanno esteso il carosello in via del Corso, via del Tritone e quindi piazza Barberini per poi tornare indietro lungo la stessa strada. Sotto la sede del governo la protesta ha utilizzato l'«arma» dei decibel e i driver si sono attaccati al clacson per farsi sentire anche nel «palazzo del potere». Piccoli cortei su quattro ruote che si ripetono sotto lo sguardo attento della polizia, che ha accompagnato anche le diverse marce al ralenty lungo Raccordo e autostrada per l'aeroporto. Una protesta, che come dicevamo, non si fermerà. «Credo che continuerà così fino all'11 luglio - spiega Carlo Bologna, presidente dell'Associazione italiana tassisti (Ait) - Si tratta di blocchi a singhiozzo del tutto spontanei, che non possiamo prevedere. Ma, anche se decidono i singoli tassisti di volta in volta, crediamo che si andrà avanti in questo modo fino allo sciopero nazionale. Noi andiamo in pensione con 520 euro e vogliamo solo campare dignitosamente. Prodi e Bersani dicono che dobbiamo leggere il decreto e capiremo che non ci danneggerà? L'abbiamo letto - conclude Bologna - e restiamo fermamente contrari. Siamo pronti al dialogo fra le parti ma non tra governo e sindacalisti in giacca e cravatta: vogliamo un dialogo diretto, senza intermediari». «Siamo critici sul metodo e sul contenuto - sottolinea Franco Pontecorvi, presidente dell'Ata-Casartigiani - Questo decreto fatto senza interpellarci è una forma di prevaricazione. E poi è inaccettabile anche nel merito, perché le tariffe sono amministrate e la concorrenza non provocherà benefici per i cittadini e costi inferiori del servizio». Intanto, poco dopo le 21, 350 taxi hanno occupato piazza Venezia, bloccandola. Passate le 22 ce n'erano ancora un centinaio. Da parte sua, il Codacons ha denunciato i tassisti alla magistratura ipotizzando il reato di blocco stradale e turbativa di pubblico servizio. E l'associazione dei consumatori «invita gli automobilisti e i cittadini danneggiati dalle proteste a chiedere il risarcimento danni ai responsabili».