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La rivolta dei tassisti non si ferma

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Sciopero «a singhiozzo» a Torino e ancora blocchi spontanei a Milano

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«Le regole non si concertano, ma la disponibilità a uno scambio di opinioni c'è», replica il ministro per lo sviluppo economico, Pierluigi Bersani, all'accusa di avere varato il provvedimento senza un confronto. Ed è polemica tra i 50.000 tassisti, che hanno proclamato lo sciopero nazionale per l'11 luglio, e il Codacons, l'associazione dei consumatori, che per lo stesso giorno ha indetto una manifestazione in difesa del decreto legge davanti a Palazzo Chigi. A Torino, dopo lo stop di 20 ore tra venerdì sera e sabato, alle 16 è ripreso lo sciopero a singhiozzo all'aeroporto e in città: i taxi hanno bloccato l'accesso delle auto a Caselle. Proteste spontanee si sono registrate anche a Milano, mentre a Roma il servizio è stato regolare, «ma da domani potrebbe esserci qualche sorpresa», ha annunciato il responsabile dell'Ait, Associazione italiana tassisti, Carlo Bologna, tra i più agguerriti contro il dl varato dal consiglio dei ministri. Bologna non ha voluto specificare quali forme di lotta o altro tipo di azioni intendono mettere in atto i tassisti, limitandosi a dire che «tutto quello che è lecito fare sarà fatto, tutto quanto possiamo permetterci». Si riunirà questa mattina il direttivo nazionale di Unica, l'associazione di tassisti che fa riferimento al Filt-Cgil, per decidere strategie e forme di lotta. «Le proteste continueranno nei prossimi giorni - afferma il responsabile nazionale, Nicola Di Giacobbe - non ci fermeremo. Il 5 programmeremo lo sciopero nazionale e tutte le iniziative atte a fare recedere il governo dall'impostazione del decreto. Non è la liberalizzazione la soluzione del problema nelle grandi città, è un ritorno al passato. E poi non abbiamo visto tracce della tanto conclamata concertazione». Bersani rassicura: «parleremo con loro e vedremo se ci sono elementi da migliorare, ma la strada che abbiamo preso dovrà proseguire. Se si è arrivati a questa formula - spiegato il ministro - è perchè siamo stati ammaestrati dall'esperienza di una lunga catena di proposte di legge in parlamento. Ma quando queste categorie che protestano leggeranno le norme, le capiranno forse un pò meglio, a iniziare dai tassisti». E dure critiche continuano a venire dal centrodestra: «Il pacchetto Bersani non è una rivoluzione liberale, come, con forte sprezzo del ridicolo, lo ha definito Romano Prodi, che insieme alla sua coalizione panstatalista resta un freno a mano tirato sullo sviluppo e la modernità del Paese», ha detto il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, che nel merito dei provvedimenti decisi dall'ultimo Consiglio dei ministri osserva: «Quelle varate dal governo sono semplicemente una serie di misure che si inseriscono nel solco tracciato dal governo della Cdl e dall'antitrust nella passata legislatura, che vanno dunque nella giusta direzione ma che hanno il vizio d'origine della parzialità, dell'improvvisazione e della necessità di non toccare gli interessi delle fasce sociali controllate dalla Cgil e dalla sinistra comunista». «Le liberalizzazioni di Bersani - sostiene ancora Bondi - sono dunque un'aspirina che non guarisce i mali endemici del sistema corporativo, ma tocca solo alcune categorie e in certi casi rischia di avere effetti devastanti, rischiando di impoverire migliaia di famiglie, come accadrà per i tassisti, le cui licenze diventeranno improvvisamente carta straccia. È indubbio che era necessario intervenire, ma si sarebbe potuto agire senza mettere un'intera categoria sull'orlo della crisi. Il governo invece, con un decisionismo assolutamente sospetto, ha sciolto il nodo gordiano della concertazione (uno dei punti che avrebbero dovuto segnare la discontinuità con Berlusconi), ma lo ha fatto a senso unico, con un intento chiaramente punitivo nei confronti di settori considerati ostili o comunque fuori dal controllo dei suoi referenti sociali. Ci aspettiamo ora - dice polemicamente Bondi - che con altrettanta durezza venga buttata a mare la concertazione con i sindacati

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