Competitività, pronto l'assalto
Il decreto sulle liberalizzazioni varato dall'ultimo Consiglio dei Ministri ha creato più di un malumore. Malumori che ora potrebbero trasferirsi all'interno del Parlamento. Le elezioni del 9 e 10 aprile, infatti, hanno portato alla Camera e al Senato 274 liberi professionisti. Un vero e proprio partito trasversale che raccoglie avvocati, giornalisti, medici e commercialisti. Saranno loro a decidere, in evidente «conflitto di interessi», le sorti delle nuove norme. Insomma il rischio concreto è che alla fine, il «partito delle lobbies» possa decidere di difendere i propri benefici chiudendo la porta in faccia all'abolizione delle tariffe minime, alla pubblicità e all'introduzione delle parcelle negoziabili. I numeri sono tutti dalla loro parte anche perché, la componente maggioritaria di questa nuova forza trasversale fa parte della categoria che più di tutte ha minacciato proteste contro il pacchetto Bersani: gli avvocati. Tra Montecitorio e Palazzo Madama sono ben 110 i parlamentari appartenenti all'ordine forense. Si va da Niccolò Ghedini (FI), legale dell'ex premier Silvio Berlusconi, a Giulia Bongiorno (An), avvocato difensore di Giulio Andreotti e oggi del principe Vittorio Emanuele di Savoia, fino a Guido Calvi, avvocato dei Ds, e al capogruppo dell'Ulivo alla Camera Dario Franceschini (Margherita). A seguire la categoria professionale più rappresentata è quella di giornalisti con 93 parlamentari, mentre strappano il terzo gradino del podio i medici (45). Più staccati i commercialisti (16), i geometri (4) e gli architetti (6). In totale 274 parlamentari cioè quasi il 30% degli eletti. Per il momento comunque il «partito delle lobby» resta in silenzio. O meglio, gli unici a parlare sono i liberi professionisti della Cdl che però, stando all'opposizione, sembrano vivere un duplice «conflitto di interessi». Ieri, ad esempio, «l'avvocato» Alfredo Biondi (presidente del Consiglio Nazionale di Forza Italia) si è scagliato contro il ministro Bersani difendendo la propria categoria. «La libertà professionale - ha detto il senatore azzurro - si fonda sulla fiducia che presuppone un'attività non condizionata e non condizionabile di carattere etico ed intellettuale non assoggettabile alle regole del mercato. La pubblicità deve essere assolutamente calibrata evitando che essa somigli a quella commerciale». «Non ho ancora letto il decreto del governo - ha proseguito - ma da quel che la stampa riporta mi sento di dire che non stupisce che Bersani, che è recidivo nel tentativo di mercificare la libera professione forense, proponga società di capitale che snaturerebbero, svilendola, la funzione di una professione fondata sul rapporto fiduciario tra professionista e cliente». Chissà se lungo la strada che porta al voto il «partito delle lobby» riuscirà a fare fronte comune e a bloccare il decreto Bersani.