Maroni: «Pensioni a rischio col taglio del cuneo fiscale»
Mi sembra che il ministro del Lavoro Damiano oscilli tra la tentazione di non rispettare le promesse del programma dell'Unione e di affermare falsità su quanto ha fatto il governo Berlusconi». Roberto Maroni, ex ministro del Lavoro, ha appena letto l'intervista di Damiano e si sente punto nel vivo. Cos'è che non le quadra? Cominciamo dalla riduzione del cuneo fiscale. «Mi sembra che su questo tema il governo faccia un po' di confusione. Nel programma elettorale l'Unione prospettava la riduzione di 5 punti del costo del lavoro nel primo anno e quindi per tutte le imprese. Poi hanno cambiato idea dicendo che lo sconto fiscale andava alle imprese che sono più competitive, che investono. E ora ecco Damiano che dice di ridurre il cuneo fiscale solo agli assunti a tempo indeterminato. Questo significa legare lo sconto al tipo di contratto. Mi sembra una proposta difficilmente acettabile da parte del mondo imprenditoriale. Crea una discriminazione tra lavoratori. Quando noi proponemmo la decontribuzione per i nuovi assunti ci fu una levata di scudi da parte dei sindacati e della sinistra perchè dicevano che avremmo creato lavoratori di serie A e di serie B. E ora la proposta viene ritirata fuori. La maggioranza ha le idee confuse. Il problema semmai è un altro». Si riferisce alla copertura finanziaria? «Esatto. Ogni punto di riduzione del cuneo fiscale costa 2 miliardi. Poi c'è il problema di dove ridurre. A queste domande nesuno nel governo ha risposto. Tagliare di 5 punti il costo del lavoro significa ridurre i contributi previdenziali e quindi le pensioni. A noi fu detto che non si poteva ridurre la quota previdenziale perchè così si riduceva la pensione. Siccome quindi non si può ridurre il cuneo fiscale senza abbassare le pensioni, il governo si trova a un bivio: o mantenere le promesse a danno delle pensioni o non tagliare il cuneo fiscale. In questo secondo caso mi aspetto una forte reazione della Confindustria». Il sindacato però sembra appoggiare la politica de governo, o no? «Sembra di vivere in un'altra Italia, Cgil molto diversa a pochi mesi fa, le stesse cose su cui ci accusava ora vanno bene». Il governo intende anche modificare la legge Biagi perchè sostiene favorisce la precarietà. «Anche qui c'è della falsità. Per ridurre la precarietà Damiano propone di eliminare i contratti che precarizzano il mondo lavoro come i contratti a chiamata e lo staff leasing. Ma è falso dire che questi contratti portano la precarietà per il semplice fatto che non sono stati ancora applicati, non sono stati ancora recepiti nei contratti collettivi di lavoro. Mettere mano alla legge Biagi significa non fare nulla per combattere la precarietà». Il ministro del Lavoro anuncia anche modifiche alla normativa sugli appalti. Che ne pensa? «Abolire lo staff leasing significa abolire il contratto di appalto di manodopera, quindi vorrebbe dire mettere in crisi tutto il sistema su cui si basano le coooperative di servizi. Ho l'impresione che forzando molto sul tema del lavoro, il governo si è messo in un cul de sac da dove non riesce a uscire». La previdenza integrativa è in una situazione di stallo. Ma non avevate fatto una riforma? «Sulla previdenza complementre c'è una riforma pronta che deve solo partire. La sinistra ci accusò di aver fissato troppo in là, nel 2008, il punto di partenza. Ora la sinistra ha la possibilità di anticipare i tempi. Ma dubito che lo faccia. La Cgil è stata sempre contraria perchè la nostra riforma porta a una equiparazione di tutto i fondi». Il ministro sostiene di aver ereditato una situzione in cui gli impegni del governo precedente sono senza copertura finanziaria. «È un falso. Abbiamo la copertura ed è stata certificata dalla Ragioneria e dalla Corte dei Conti. Abbiamo spostato l'avvio della riforma al 2008 proprio per il problema della copertura».