di LAURA DELLA PASQUA «LE FUNZIONI restano le stesse ma ci sarà una maggiore sensibilità alle questioni regionali.
Alfredo Biondi, presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia, ribadisce che il cambiamento della Corte Costituzionale definito dalla riforma non fa altro che rispecchiare la struttura federale dello Stato. Può chiarire quali saranno le novità per la Corte Costituzionale con la riforma? «Prima di tutto ci tengo a precisare che le prerogative della Corte Costituzionale restano le stesse. La riforma tocca la composizione dell'istituto attribuendo alle Regioni e al Parlamento la nomina di alcuni membri. Ora la Corte è composta da 15 giudici nominati un terzo dal presidente della Repubblica, un terzo dal Parlamento e un terzo dalle Supreme Magistrature. Se vincerà il Sì al referendum si avrà che dei 15 giudici, 4 saranno di nomina del Capo dello Stato, 4 delle Supreme Magistrature, 3 della Camera e 4 del Senato federale integrato dai presidenti delle giunte regionali di Trento e Bolzano». Cosa cambia con la nomina di 4 giudici da parte del Senato federale? «Significa che la rappresentatività e la conoscenza delle realtà territoriali, passerà dal Senato federale alla Corte proprio in virtù dei giudici da esso nominati. La Consulta, nell'ambito degli stessi poteri che sono quelli di esaminare la corrispondenza delle leggi di Camera e Senato alla Costituzione, avrà anche una migliore conoscenza delle realtà locali. Ci sono questioni che possono venire dal Senato federale e su cui l'organo giudicante sarà chiamato a pronunciarsi. Pertanto la Consulta potrà esprimere una visione più corrispondente alla conoscenza territoriale dei problemi e quindi più concreta rispetto alle scelte che si devono fare». Significa che i poteri della Consulta restano gli stessi? «Su questo punto c'è stato un allarmismo forzato e ingiustificato da parte della sinistra. Inoltre con questa riforma i conflitti di attribuzione saranno meno rilevanti di quanto avrebbe portato il modello di riforma varato dal centrosinistra. Con la riforma spetta alla Camera dei deputati la competenza sui problemi generali mentre il Senato federale avrà competenza sulle questioni che riguardano le problematiche regionali e quelle collegate alle realtà territoriali». Quali saranno le conseguenze per l'attività della Corte Costituzionale? «Ci sarà un minore intasamento dei lavori. È importante che si stabiliscano i confini tra ciò che è di competenza dello Stato e ciò che è delle articolazioni locali». La riforma stabilisce anche che i giudici per i tre anni successivi alla scadenza della nomina non possono ricoprire incarichi di governo o cariche pubbliche elettive. Come mai questo sbarramento? «Così si evitano commistioni tra le funzioni elevatissime di giudice costituzionale e altre funzioni creando quindi per i membri della Consulta un livello, dal punto di vista qualitativo, più rispondente al compito. I giudici nominati dal Senato federale avranno una migliore conoscenza delle realtà regionali e quando ci saranno conflitti interregionali avranno maggiore competenza». Questo significa che ora la Corte Costituzionale non ha sensibilità per le problematiche territoriali? «Non voglio dire questo. Ma uno Stato che si definisce federale, che si dota di un Senato federale è giusto che abbia una Corte Costituzionale coerente con questa nuova dimensione istituzionale. Quali saranno i vantaggi per cittadini? «Quando il giudice è più vicino alle realtà locali ha una percezione concreta dell'entità dei problemi».