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Non esiste un problema di leadership Partiamo dal riformismo del popolo

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Facciamo subito il partito democratico». Walter Veltroni, tornato a casa da poche ore dopo l'intervento al Gemelli, preferirebbe parlare solo della vittoria dell'Unione a Roma, dell'incremento dei voti del centrosinistra - 15,9% in cinque anni - o della distanza, di circa 24 punti, tra i due schieramenti. Vorrebbe dilungarsi sulle periferie, sulla conquista di 18 Municipi su 19, sull'«orgoglio» - parola non proprio di sinistra - dei romani. Insomma, sul «nuovo spirito della città», sull'idea che «la società non è solo l'istituzione che determina ma anche che attiva energie». Preferirebbe. Ma il partito democratico è una forza, nemmeno tanto centrifuga, che catalizza l'attenzione. In ogni caso, il doppio filo con Roma è evidente: «Il partito democratico dovrà avere un forte profilo programmatico e ideale, il crocevia delle culture più vive che attraversano questa parte di campo. A Roma parlo di riformismo del popolo, collegato con le passioni reali. Anche per questo la stragrande maggioranza dei giovani ha votato per noi». Oltre «la tensione popolare», il nuovo movimento «non può essere la somma di due partiti». Il modello potrebbe essere quello di Clinton, «pragmatico e idealista». Ancora: «Questo partito - continua Veltroni - deve essere un luogo in cui le identità si incontrano e si mischiano. Oggi abbiamo davvero questa occasione e non dobbiamo perderla». Certo, la leadership: «La piramide va rovesciata, si deve partire dalla parte opposta, poi uscirà il leader». Per il resto, il sindaco di Roma non si sente «tollerato» dalla politica nazionale né, tantomeno, chiarisce, dalla scelta di Francesco Rutelli di guidare il ministero dei Beni culturali, che - dicono i maligni - servirà al presidente Dl per incrementare i consensi della Margherita a Roma. Poi c'è spazio solo per la Capitale che esce dalle elezioni «coesa e serena». Le ragioni del successo? «I cittadini sentono che l'amministrazione c'è: che non è immagine ma presenza. Altro motivo, l'aver realizzato grandi opere: dall'Auditorium al Passante. Questo contesto ci ha fatto raggiungere dati così rilevanti (61,4% all'Unione, il 14% solo a Veltroni con 120 mila voti in più del 2001). Insomma, la stessa «autopercezione della città» è cambiata: «Non è un caso che in campagna elettorale ho voluto utilizzare la parola "orgoglio" che non è proprio al vertice della nostra cultura. Abbiamo anche cercato di togliere l'odio, del passato e del presente, costruendo una nuova dimensione del conflitto. Tutto questo con una presenza minima in televisione: la tv divora, penso che la politica deve tenersi al riparo». Ultima soddisfazione, quella di aver vinto dovunque ma di più nelle periferie. Nella prossima Consiliatura «un grande piano del trasporto pubblico, decoro e manutenzione e un piano per la casa. Subito una giunta rosa per metà e il 50% dei posti nei consigli di amministrazione al femminile».

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