Padoa Schioppa, linea morbida sui tagli
Il salasso, se ce ne sarà bisogno, sarà portato avanti con equità. Tradotto in parole semplici questo significa: se la correzione dei conti pubblici sarà necessaria non si tradurrà in manovre lacrime e sangue. Niente allarmismo, dunque, come quello diffuso nei giorni scorsi dagli altri colleghi di governo. Vedi il viceministro dell'economia, Vincenzo Visco, pronto a partire a tesa bassa contro i risparmi degli italiani per accaparrarsi una fetta dei guadagni azionari e degli interessi maturati sui titoli di stato. Oppure a reintrodurre una tassa, quella di successione, che alla fine rischia di essere pagata solamente dal ceto medio che non ha facilmente accesso alle costose alchimie legali per evitare l'imposta. A rassicurare i cittadini è stato lo stesso Padoa chioppa che ha incontrato ieri a Roma l'ex presidente della Commissione Europea Jacques Delors. «Delors - ha detto il ministro - mi è stato maestro nella conciliazione delle istanze sociali e di equità con quelle del rigore finanziario e dell'equilibrio dei conti pubblici». Ed ha aggiunto che questi saranno i «principi ispiratori dell'opera di risanamento dei conti pubblici cui è chiamato l' attuale governo». Non si tratta certo di una dichiarazione operativa che può essere tradotta in " manovra bis sì, manovra bis no, ma per il ministro è l'annuncio di appartenenza ad una scuola di pensiero economico che coniuga equità sociale con conti pubblici a posto". Insomma prima che parlare agli italiani il titolare di via XX settembre è sembrato bacchettare la poca diplomazia di Visco. Intanto, però, il Tesoro affila le armi in attesa di avere in mano i dati certi sul deficit, il check up dei conti pubblici, infatti, prosegue e i segnali che arrivano non sono certo confortanti. Le forte preoccupazioni espresse dal ministro dell'Economia e dal premier Romano Prodi troverebbero fondamento proprio dalle prime indicazioni del monitoraggio. Alle stime di un deficit più alto, che potrebbe raggiungere il 4,5%, andrebbero aggiunte anche le risorse necessarie per evitare i guasti che seguirebbero a misure impraticabili. E, se si considerano queste voci tra le quali vanno considerate anche le risorse per far lavorare i cantieri Anas e Ferrovie (che da sole varrebbero 2 miliardi), ci si potrebbe avvicinare a un deficit del 5% già alla fine di quest'anno. I problemi che dovranno essere affrontati, quindi, sono di due tipi. Il primo riguarda le misure di contenimento della spesa che potrebbero non realizzarsi, con effetti negativi sul deficit; l'altro riguarda le risorse che non sarebbero sufficienti per il completamento dei cantieri e l'alta velocità. Il presupposto della trimestrale che fissa il rapporto deficit-pil nel 3,8%, infatti, era la tenuta della Finanziaria, dando per scontato quindi un comportamento virtuoso di una miriade di enti pubblici. Ma al momento il raggiungimento di tali obiettivi appaiono tutt'altro che scontati. Tanto che già la commissione europea stima un deficit al 4,1%. Tra le voci previste in Finanziaria quelle più a rischio risultano i due miliardi e mezzo di risparmi della sanità, il miliardo previsto per le minori spese sul personale del pubblico impiego, i circa 3 miliardi del Patto di stabilità interno degli enti locali. E la stessa regola del 2% di Gordon Brown - la base sulla quale sono state applicate altre riduzioni di spesa - non starebbe dando i risultati previsti. C'è poi la questione della dismissione degli immobili della Difesa con il rischio di un 'bucò di 600-700 milioni. Sarà però necessario finire la verifica dei conti pubblici prima di capire come e se intervenire. Anche Bruxelles per il momento preferisce restare alla finestra. Per ora - ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker - appare confermato l' obiettivo di rientro di 1,6 punti di deficit tra il 2006 e il 2007. Una valutazione opportunamente sfumata che lascia aperta la porta sia ad una richiesta di manovra bis,