Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Ponte, quel no che fa arrabbiare la sinistra

default_image

I deputati «isolani» dell'Ulivo a disagio per il rinvio di Prodi dell'opera sullo stretto di Messina

  • a
  • a
  • a

Pronti a scendere in piazza anche semplici cittadini, imprenditori, intellettuali, giovani, associazioni di volontariato e di categoria. Intanto, echeggia ancora nell'Isola la frase sul Ponte pronunciata venerdì a Palermo dello stesso presidente del Consiglio: «Lo vedrà mio figlio». Parole che, di fatto, ne archiviano la sua costruzione. E così se la Casa delle Libertà parla di «punizione», nel centrosinistra, di certo, regna almeno il disagio tra i rari esponenti siciliani dell'Unione chiamati dallo stesso premier nel suo Gabinetto. È il caso del neo-viceministro allo Sviluppo, Sergio D'Antoni (Margherita), ex segretario nazionale della Cisl, sindacato «pro» Ponte, e che si dice favorevole alla realizzazione dell'opera «a condizione che la finanziano i privati». Altro autorevole esponente del centrosinistra che non si è mai schierato contro la Grande opera è l'ex ministro catanese, Enzo Bianco, anch'egli del partito di Rutelli. Politici che attualmente sono tenuti a fare il cosiddetto gioco di squadra. Va da sé. Ma che poi dovranno dare conto e ragione al proprio elettorato. Cosa meno semplice. Nel frattempo cresce sempre più un popolo siciliano che chiede la realizzazione dell'opera. Tra i recenti promotori di iniziative, il leader del Mpa, Raffaele Lombardo: «Il no irriducibile e sprezzante di Romano Prodi al Ponte sullo Stretto, la pretestuosità delle motivazioni addotte, la pretesa di indicare le priorità per la Sicilia sulla testa dei siciliani e senza consultare le istituzioni democratiche dell'Isola, possono resuscitare in Sicilia sentimenti separatisti e finiranno col determinare estremo disagio nei parlamentari, anche del centro-sinistra, a cui stanno veramente a cuore le sorti della Sicilia», tuona il leader del Movimento per le autonomie. Ma non è solo la politica a scendere in campo. Anche l'alta burocrazia siciliana, come quella rappresentata da Francesco Attaguile, dirigente superiore della Regione Siciliana in servizio a Bruxelles (cura i rapporti Unione europea-Sicilia) dice la sua: «Visto che il nuovo governo nazionale si è già dichiarato ostile, resta una sola via, farlo da soli, semmai insieme ai calabresi». L'idea è tutt'altro che bizzara. In pratica, secondo l'alto burocrate, l'opera si potrebbe finanziare al 40 per cento attraverso un'offerta pubblica azionaria nel mondo, con un pool di banche internazionali e un comitato di garanti di altissimo livello. «Nessuno può impedirlo», tuona Attaguile che conclude: «È una vecchia idea del professor Aurelio Misiti, già presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici che approvò il progetto della stessa opera e che ha sempre sostenuto che la legge Bassanini trasferisce alle Regioni le competenze per la sua realizzazione». Insomma, politici, burocrati, ma anche semplici cittadini, imprenditori, intellettuali, giovani, associazioni di volontariato e di categoria che fanno parte di un comitato popolare messo in campo dallo stesso Mpa pronti a scendere in piazza per dire «sì» al Ponte. Una prima manifestazione di protesta si svolgerà in questi giorni a Messina, promossa dallo stesso Movimento per le autonomie. E non è detto che la protesta non possa andare in scena proprio domani, quando nella stessa città dello Stretto arriverà il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, noto sostenitore del «no» al Ponte. L'esponente dell'esecutivo Prodi sarà a Messina, infatti, per partecipare alla presentazione di un nuovo collegamento veloce via mare tra la città dello Stretto e Salerno.

Dai blog