D'Alema e Parisi
È quello che si è svolto ieri alla Farnesina tra i neoministri di Esteri e Difesa, Massimo D'Alema e Arturo Parisi. La riunione (la prima di una serie), secondo quanto si è appreso, è stata dedicata all'esame delle opzioni praticabili in merito a tempi e condizioni per il ritiro delle Forze Armate italiane in Iraq e il contestuale rafforzamento del nostro impegno civile a sostegno della ricostruzione del Paese e del consolidamento delle sue istituzioni democratiche, nell'ambito di un processo di consultazioni con il Governo iracheno e le altre parti interessate. Il governo Prodi, infatti, intende prima mettere a parte dei propri intendimenti i governi alleati e concordare con essi una soluzione. Poi farà la stessa cosa nei riguardi del nuovo governo iracheno. Infine deve avviare il vero e proprio piano di ritorno a casa dei nostri militari. D'Alema martedì, nel corso della trasmissione Ballarò aveva detto che «nel giro di pochi giorni» verrà presentato «un programma chiaro». «Noi abbiamo dichiarato che intendiamo ritirare le nostre Forze armate ma che intendiamo nello stesso tempo rafforzare la presenza civile in sostegno alla ricostruzione del Paese. Ora - aveva concluso - dobbiamo trasformare la scelta in un piano concreto. Infatti, la presenza civile ha bisogno di una protezione di sicurezza». Si tratta dunque, stando alle parole del ministro, di quantificare il numero dei militari che dovranno rimanere in Iraq per proteggere gli operatori delle aziende italiane che si impegneranno nella ricostruzione del Paese. Ma l'intendimento di D'Alema e Parisi è soprattuto quello di marcare delle differenze rispetto al calendario del ritiro già predisposto dal governo Berlusconi e che prevedeva il dimezzamento delle truppe (da 3.200 a 1.600) entro giugno e l'azzeramento entro la fine del 2006. Marcare delle differenze significa una cosa sola: accelerare, per quanto possibile, il ritorno a casa del contingente militare e avviare, prima che sia possibile, una missione di cooperazione civile. In precedenza il governo di centrosinistra aveva annunciato che l'agenda per il ritiro dei circa 2.800 militari italiani, in collaborazione con il governo di Baghdad e le altre forze straniere in Iraq, sarebbe stata pronta prima della scadenza del decreto di finanziamento della missione, il 30 giugno.