di FRANCESCO BONGARRÀ CON 344 voti a favore e 268 contrari, il governo Prodi incassa la fiducia della ...
E ha dovuto anche «sopportare» il mancato applauso da parte del leader dei Disubbidienti, eletto con Rifondazione, Francesco Caruso. «Prodi ha fatto un discorso di alto profilo istituzionale — ha commentato — Mi ha fatto piacere il riferimento all'amnistia, molto meno quello al pacchetto Treu di cui dovrebbe vergognarsi piuttosto che rivendicarlo come politica da adottare per fronteggiare il problema dell'occupazione. Deve avere più coraggio, ha fatto un discorso, anche di politica estera, che poteva tranquillamente fare qualunque moderato dell'altro schieramento. Mi aspettavo parole più chiare e precise sulla guerra in Iraq, in particolare sulla precarietà. Per questo non ho applaudito il suo discorso. In Aula comunque è andato in scena un muro contro muro. I toni, è vero, sono leggermente meno aspri rispetto a quelli registrati la scorsa settimana a Palazzo Madama, ma anche a Montecitorio non sono certo mancate le contestazioni, i fischi e le interruzioni da una parte e dall'altra, con il presidente Bertinotti che ha dovuto faticare per placare gli animi, chiedere il rispetto dei tempi agli oratori. Ed è intervenuto con successo anche per ottenere il ritiro di un cartello con la scritta «no al regime delle sinistre» innalzato da un deputato di An. Durissimo Giulio Tremonti, che ha parlato per Forza Italia e che ha pronosticato a Prodi «la stessa fine di dieci anni fa». «La sua è stata, è e sarà una mezza vittoria — ha detto — sui numeri, nel Paese e in politica». Con il «35% dei voti ha espresso il 100% delle principali istituzioni. Per questo bene abbiamo fatto a rifiutare l'offerta di una larga intesa, ma a presa istantanea ed a scatola chiusa». Il leader di An Gianfranco Fini ha sostenuto che «l'autorevolezza politica del presidente del Consiglio è debole», e che questo lo ha portato già a pagare delle cambiali politiche, come quella di definire «occupanti» le truppe italiane in Iraq. Per l'ex vice premier «la composizione del governo dipende alla debolezza politica del presidente del Consiglio», che gli impedisce «di guidare una coalizione così composità». «Abbiamo il paradosso - ha insistito - di avere un Governo forte, ma un presidente del Consiglio debole». E di «governo debole» e di «occupazione delle Istituzioni» da parte dell'Unione ha parlato Lorenzo Cesa dell'Udc, che tra le «contraddizioni profonde e strutturali» dell'esecutivo ha rimproverato a Prodi di aver dato vita ad uno dei governi «tra i più numerosi del dopoguerra» per numero di ministri. Dall'Ulivo Dario Franceschini ha rilanciato l'offerta di un dialogo con l'opposizione. «Ovviamente — ha spiegato — un percorso di dialogo dipende dalle scelte politiche nostre e vostre (e qui dai banchi della Cdl sono piovuti fischi e contestazioni), ma ha come requisito minimo e indispensabile, e lo dico più volentieri dopo queste urla, il rispetto. Quello che purtroppo è mancato in queste settimane, dal voto a oggi. Dalle accuse di brogli alle grida all'occupazione del potere, fino ai fischi dolorosi ai senatori a vita, dimenticando che fischiare loro è come fischiare la storia della Repubblica». Ma Enrico Boselli (Rnp) ha sottolineato come si debba ancora cercare di lavorare a un dialogo con l'opposizione, mentre Franco Giordano (Prc) ha invitato Prodi a «non farsi intimidire dagli attacchi scomposti della Cdl» e Oliviero Diliberto (Pdci) ha rinnovato come prioritario il ritiro immediato delle truppe italiane dall'Iraq.