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Conti pubblici, Visco vuole i nostri risparmi

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Il viceministro all'Economia pensa di tassare i dividendi azionari e alzare l'aliquota sugli interessi dei Bot

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Il viceministro dell'Economia, Vincenzo Visco, si è appena insediato ma non ha perso tempo. E si prepara a dare l'assalto agli ultimi risparmi che gli italiani hanno difeso in questi anni a denti stretti tra recessione e passaggio all'euro. E sì i conti pubblici sono allo sbando: il deficit italiano secondo nel 2006 si attesterà, secondo l'Ocse al 4,2%. Ma secondo il nuovo viceministro la situazione è addirittura peggiore: siamo oltre il 4-4,5%. Insomma «un disastro». E per sanare le falle, archiviata la finanza creativa dell'ex Giulio Tremonti, si torna all'antico: tasse, tasse e ancora tasse. E dove non ci sono, perché qualcuno prima di lui le ha tolte, il famelico ministro è pronto a rintrodurle. È il caso dell'imposta di successione. Azzerato dal centrodestra il balzello è pronto a riuscire dal cilindro di Visco. Chi studia gli effetti pratici dell'applicazione delle imposte consiglia almeno di fare un'indagine sul gettito che la tassa porterà in cassa. Per più ragioni. La prima è che i grandi patrimoni non hanno certo atteso la venuta di Visco per mettere al sicuro i beni destinati ai loro eredi. I grandi studi fiscali hanno lavorato a marcia accelerata nei mesi precedenti alle elezioni. A rimetterci ancora una volta chi ha costruito un piccolo patrimonio per i propri figli ma non ha accesso alle alchimie finanziarie per salvarlo dalla mannaia dello Stato. C'è un secondo motivo che dovrebbe dissuadere Visco dallo spingere il ritorno della tassa sull'eredità. Già nel passato le risorse impiegate per accertarla e riscuoterla erano così elevate che per la maggior parte degli incassi era spesa in questa missione. Prima di partire dunque occorerebbe, almeno un'indagine sui costi-benefici. Ma forse è talmente tanta la voglia di azzerare quel minino di risparmio fiscale introdotto dal Governo Berlusconi che questo tema non sarà nemmeno preso in considerazione. Altra certezza di Visco: basta con i condoni. E in questo su cui tutti i contribuenti onesti sono d'accordo c'è anche un messaggio chiaro agli evasori. La festa è finita. «Non c'è da fare nessuna campagna di Russia contro gli evasori ma cercheremo di cambiare linea rispetto al passato: la gente in questi anni ha smesso di pagare le tasse per pagare i condoni. Ora invece paghi le tasse perchè di condoni non ce ne saranno più». Ma nella foga moralizzatrice Visco si è dato anche la zappa sui piedi. Cos'è infatti il concordato fiscale per il 2004, se non un condono mascherato da patto tra i cittadini e un'amministrazione fiscale che non riesce a portare in maniera efficace i suoi controlli. Peccato però che questo strumento vale due miliardi di entrate che dovranno essere sostituite se verrà bloccato. Se ciò avverrà Visco dovrà inventarsi qualche nuova tassa. Di quelle amate dagli imprenditori, ad esempio, come la sua Irap, condannata dall'Ue senza appello. Ma anche in quel caso il viceministro non dispera. C'è ancora qualche tasca che non è stata toccata, quella in cui gli italiani conservano i loro amati risparmi. Niente da fare anche lì arriverano gli artigli di Visco. Già pronto a portare la tassa sui dividendi azionari e sugli interessi dei Bot dal 12,5% al 20%.

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