L'esclusione di Bettini pesa come un macigno. E porta allo scoperto la guerra tra Ds e Dl
Goffredo Bettini, diessino di lungo corso, ci è rimasto male, malissimo, di non essere entrato nella squadra di governo. O meglio di non aver avuto l'unico ministero al quale veramente teneva, quello dei Beni culturali. E chi lo conosce bene sa che la sua amarezza è accresciuta dal fatto che a «soffiargli» la poltrona è stato Francesco Rutelli, cioè quel «ragazzo» che tredici anni fa, a soli 38 anni, lui, il «guru» dei Ds a Roma da oltre vent'anni, ha scelto e mandato a fare il sindaco della capitale. Quel ragazzo del quale è stato consigliere politico — sempre rimanendo nell'ombra tranne una fugace esperienza come assessore — per due mandati e con il quale ha inventato quel «modello Roma» che si è imposto a livello nazionale come simbolo di un certo modo di lavorare del centrosinistra, unico in tutta Italia. Tanto che poi ha fatto scuola in molte altre città. Ecco, che sia stato proprio quel «ragazzino» che almeno un po' di riconoscenza gliela doveva, a Goffredo Bettini proprio non è andata giù. Non tanto, e non solo, a livello politico, quanto piuttosto a livello personale, umano. Ma la sua esclusione è rientrata proprio in un «gioco» che ha visto Rutelli scegliersi l'unico ministero con il quale poteva tornare a occuparsi di Roma e allo stesso tempo provare a riportare voti al suo partito, la Margherita, che nella capitale alle ultime elezioni politiche si è afflosciata come un sufflé mal cotto. A Bettini, lunedì sera, Prodi ha offerto, come estremo tentativo di farlo entrare nella sua squadra, il ministero della Funzione Pubblica. Ma lui ha rifiutato: «Avevo dato la mia disponibilità solo per la cultura — ha risposto a Piero Fassino, incaricato di fare da "pontiere" — il resto non mi interessa». Non per capriccio, raccontano i suoi fedelissimi. Ma perché Bettini ha sempre avuto la passione per la cultura e per i giovani. Fin dagli anni '80, raccontano ancora, quando ha organizzato una delle migliori Feste dell'Unità che il Pci-Pds-Ds è riuscita a fare a Roma, facendo suonare gratis, davanti a migliaia di ragazzi all'Eur un allora quasi sconosciuto Pino Daniele. O quando, negli stessi anni, sempre all'Eur, organizzò un incontro per gli studenti con Eduardo De Filippo. Motivi che hanno spinto Walter Veltroni, un paio di settimane fa, a farsi sponsor con Prodi della candidatura di Bettini. E ora, a giochi fatti, il sindaco di Roma ha fatto capire che la decisione di escluderlo dal governo non gli è piaciuta affatto. Lo ha detto chiaro e tondo ieri: «Sono molto contento della squadra messa in campo ma mi avrebbe fatto piacere che ci fosse stato un ministro in più, Goffredo Bettini. Il quale però ha fatto quello che è scritto nella sua elegante storia personale. Essendogli stato proposto un ministero che non corrispondeva alle sue competenze dirette, ha preferito continuare a fare il lavoro che fa. È una scelta che non molti fanno nella vita politica e che Goffredo ha fatto. Come si dice, non mancherà occasione» Molto più espliciti, invece, i commenti del segretario romano dei Ds, Esterino Montino. Tutti indirizzati a Francesco Rutelli, del quale è stato per sette anni, dal 1993 al 2000, assessore ai lavori pubblici. «Ora avanti tutta con la campagna elettorale per Walter Veltroni ed il partito democratico. Perché noi Ds romani al partito democratico ci crediamo mentre altre forze nella dinamica politica utilizzano ancora diktat antistorici». Parole chiare che fanno capire come la mossa dell'ex sindaco abbia portato allo scoperto rapporti tesissimi tra la Quercia e la Margherita nella Capitale. «Quello che si è consumato, ovvero la mancata rappresentanza di un'esperienza politica importante come quella romana al governo — ha continuato Montino — denota lo spirito di rivalsa di una componente del centrosinistra e dell'Ulivo nei confronti dei Ds. Uno spirito di rivalsa che si è tradotto nella volontà di sferrare un colpo al partito più importante della coalizione e nel volere concentrarsi su un rapporto di forza