Applausi a Napolitano, Berlusconi se ne va
Dedicherò senza risparmio le mie energie all'interesse generale per poter contare sulla fiducia dei rappresentanti del popolo e dei cittadini italiani senza distinzione di parte». Solo a quel punto, dopo il triplice viva del nuovo Capo dello Stato al Parlamento, alla Repubblica e all'Italia, a conclusione del suo intervento, è arrivato un applauso un po' più convinto dal centrodestra. Prima, lungo i quaranta minuti del discorso, la Cdl ha più volte lasciato alla parte dell'emiciclo occupata dall'Ulivo il rituale degli applausi, trentuno in tutto. Nessun battimani dai banchi della Cdl quando Napolitano ha citato la Resistenza — «Ci si può, io credo, ormai ritrovare, superando vecchie laceranti divisioni, nel riconoscimento del significato e del decisivo apporto della Resistenza» — nessuno quando ha ricordato «la splendida figura di Nilde Iotti». Applausi convinti solo quando ha parlato dei militari morti all'estero, a Kabul e a Nassiriya, con Silvio Berlusconi che, unica volta, si è alzato in piedi in un lungo battimani. Per il resto il premier (resterà in carica fino a quando non giurerà Prodi) è rimasto sempre seduto nei banchi riservati al governo, insieme agli altri ministri, disegnando su un foglietto che aveva davanti. Una freddezza al nuovo Capo dello Stato che è stata la stessa mostrata dai parlamentari del centrodestra. Anche se in diverse gradazioni: dal vero e proprio gelo della Lega Nord (Maroni era seduto in mezzo ai parlamentari e non ha quasi mai applaudito mentre gli altri due ministri del Carroccio, Calderoli e Castelli, non erano proprio in Aula) ai toni appena più morbidi di Forza Italia e An (Fini si è girato due volte verso il Capo dello Stato per applaudirlo), a quelli un pochino più calorosi dell'Udc. Napolitano è entrato nell'Aula della Camera poco prima delle cinque — dopo essere stato «prelevato» da casa sua da una squadra di carabinieri motociclisti — ed è stato accolto dai due presidenti Franco Marini e Fausto Bertinotti. Qualche momento di emozione prima di pronunciare il giuramento — «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione» — poi Napolitano tira fuori un grande fazzoletto bianco, se lo porta al viso, lo ripone e inizia il suo discorso. Quaranta minuti nei quali parla dei valori sui quali si fonda la Repubblica, ricorda il prossimo referendum sulla devolution — «la legge di revisione costituzionale approvata dal Parlamento mesi or sono è ora affidata al giudizio conclusivo del popolo sovrano; si dovrà comunque verificare poi la possibilità di nuove proposte di riforma capaci di raccogliere il necessario largo consenso in Parlamento — esprime il suo omaggio a Ciampi «per l'esemplare svolgimento del suo mandato» e boccia qualsiasi forma di terrorismo così come di antisemitismo. Poi un passaggio sulla nostra economia — «posso esprimere solo un messaggio di fiducia, senza indulgere a diagnosi pessimiste sull'inevitabile declino del nostro sistema economico e finanziario, ma nemmeno sottovalutando la gravità delle debolezze da superare e dei nodi da sciogliere. Il nodo — innanzitutto — del debito pubblico. E insieme, le debolezze del sistema produttivo» — e subito dopo arriva il richiamo al suo ruolo «super partes»: «Considero mio dovere impegnarmi per favorire più pacati confronti tra le forze politiche e più ampie, costruttive, convergenze nel Paese. Ma è un impegno che svolgerò con la necessaria sobrietà e nel rigoroso rispetto dei limiti che segnano il ruolo e i poteri del Presidente della Repubblica nella Costituzione vigente. Un ruolo di garanzia dei valori e degli equilibri costituzionali, un ruolo di moderazione e persuasione morale, che ha p