La Quercia diventa il «partito del gambero»
Anzi, il simbolismo. Tra vegetali e animali, infatti, ci passa un mondo (oltre che un regno). E la Quercia è un albero robusto, dal fusto imponente, con radici profonde. Ma sopratutto inamovibile, immoto. Il partito dei democratici di sinistra invece si muove. Più spesso all'indietro, come un gambero. Apparentemente per altruismo, per spirito di squadra. In realtà, almeno presumibilmente, per ragioni squisitamente tattiche. Lo ha fatto alla fine degli anni '80, «accettando» di cambiare nome e spirito davanti alle macerie del muro di Berlino e del comunismo. Le tre recenti rinunce di due suoi dirigenti, del «leader Maximo» D'Alema alla presidenza della Camera e della Repubblica e del segretario Piero Fassino all'ingresso nell'esecutivo prodiano, possono sembrare beau geste. Un'ipotesi buonista smentita, però, da alcuni «studiosi del settore» ed ex «cugili» socialisti. Uno di questi è Luciano Pellicani, direttore di «Mondo Operaio». «Non definirei quelle di D'Alema rinunce, ha semplicemente trovato alcuni ostacoli - sottolinea - Pensava a una sponda in suo favore da parte di Forza Italia, che invece lo ha "segato". Berlusconi ha dichiarato: Per carità, non se ne parla proprio, il nostro elettorato non capirebbe. E all'interno della stessa maggioranza c'era l'opposizione palese della Rosa nel Pugno e il non gradimento della Margherita. Fassino, poi, ha rinunciato al governo perché vuole mantenere il controllo del partito. È un calcolo politico legittimo, l'avrei fatto anch'io al posto suo. Anche perché questo esecutivo non si sa se durerà tre mesi o tre anni ma si sa di sicuro che è fragile: un paio di sternuti, un'influenza e la maggioranza al Senato non c'è più». Secondo Pellicani, quello dei Ds è quasi un difetto «genetico». Comunque un'eredità antica. «La verità è che hanno paura, il fattore K non è sparito completamente - continua - Nel '76 Enrico Berlinguer aveva il 35 per cento ma tre anni prima c'era stato il golpe di Pinochet e lui temeva l'effetto cileno. A ridosso del colpo di Stato militare che aveva abbattuto il socialista Salvador Allende, Berlinguer scrisse i primi articoli sul Compromesso Storico. Era terrorizzato. Ricordo che io scrissi sull'Europeo che il Pci faceva paura e aveva paura. A causa del loro passato, gli ex comunisti non si sentono legittimati agli occhi dei moderati ad andare al governo. Per questo non hanno mai pensato di candidare uno di loro a Palazzo Chigi. Ma anche in questo caso non è una rinuncia, è un calcolo politico, perché questo significava far vincere Berlusconi - conclude Pellicani - Fa parte del calcolo anche puntare su Napolitano. Alla Camera c'è Bertinotti, al Senato Marini, a Palazzo Chigi Prodi. I Ds ci tenevano almeno ad avere un "loro" presidente della Repubblica. E ci sono riusciti». Per lo storico socialista Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni i Democratici di sinistra sono una «cosa» indefinibile. Né carne né pesce, insomma. E l'atteggiamento rinunciatario del Botteghino trova spiegazione in quest'incertezza tipica della sua attuale natura. «Il Pci è passato attraverso molte trasfigurazioni, trasformazioni, mutamenti e mutazioni - osserva - Oggi Fassino dice finalmente la nostra storia è stata riconosciuta. Ma non è così. Sono loro che hanno rinunciato alla loro storia, altrimenti avrebbe ragione la destra a dire che sono ancora comunisti. In ogni caso non è un partito normale e quando mi chiedono che cosa sono i Ds, io rispondo boh, non lo so! Quello che mi chiedo io, invece, ad esempio riguardo il Partito Democratico, è se si possono costruire progetti così ambiziosi sulla base di proposizioni puramente nominalistiche - ragiona Tamburrano - Che cosa sarà il Pd? Sarà diverso dal Pds o dai Ds? Non trovo una risposta a queste domande. Non capisco che cosa c'è dentro e dietro a tali contenitori. Se non c'è la vecchia ideologia comunista e non c'è un progetto nuovo, allora che rimane?». La tesi-constatazione dello storico è che i Ds sono ormai un involucro vuoto. O quasi. E le apparenti rinunce dei d