Generazione '20 alla riscossa
Dobbiamo stare attenti». Questo è il gelido commento del giovane sottosegretario leghista Roberto Cota (classe 1968) alla nomina di Giorgio Napolitano (1925) a presidente della Repubblica. E lui, il neocapo dello Stato, sempre ieri ha detto: «Spero di avere le energie necessarie». Probabilmente i fatti smentiranno le preoccupazione del deputato piemontese e dello stesso Napolitano. Però una cosa è certa: il 10 maggio del 2006 è il giorno della riscossa dei "vecchietti". Così almeno li chiamava il geniale illustratore Enzo Lunari. Ecco ieri alla Camera sembrava che quei "vecchietti" - Napolitano e i suoi - fossero tanti fuggitivi da Villa Arzilla, pronti a conquistare il Paese. Alcuni degli ultraottantenni o quasi di Montecitorio in realtà sono ancora attivi politicamente, mentre altri sembrano usciti da casa giusto per l'occasione. È festa, per esempio, quando arriva Alfredo Reichlin (1925). Anche lui è per una vita dirigente del Pci, anche se su posizioni molto più di sinistra vicine a Ingrao, ma ora va a braccetto con Umberto Ranieri, ex migliorista fedelissimo di Napolitano. Con il tempo le differenze si sono attenuate e sono tutti amici. Reichlin è soddisfatto, magari invece della pensione, si dovrà impegnare in una qualche collaborazione più o meno formale con il neopresidente. C'è pure il "giovane" Sandro Curzi, solo del 1930, consigliere di amministrazione alla Rai per Rifondazione. Anche lui si aggirava soddisfatto, se non altro almeno le vacanze a Castel Porziano, la residenza privata del Presidente delle Repubblica, sono assicurate. Un altro coetaneo è meno contento. È Lino Jannuzzi (1928) deputato di Forza Italia. Anche lui conosce bene Napoletano, almeno da quando con Eugenio Scalfari (1924), altro amicissimo di Napolitano, faceva il giornalista d'assalto. Ieri diceva "Napolitano va benissimo come presidente. Certo se c'è o non c'è, lì è la stessa cosa". Un ultraottantenne felice invece è Giulio Andreotti. Con l'avventura della candidatura alla presidenza del Senato, pur finita male, ha riguadagnato parecchia verve e si sente molti anni in meno addosso. Il solo rammarico è che "La fase politica ancora molto tesa abbia impedito un ampliamento dei consensi sul nome di Napolitano". Dopo la dichiarazione ufficiale, si abbandona ai ricordi, evoca un mondo che non c'è più: "Quando Napolitano fu invitato negli Stati Uniti per un ciclo di conferenze nelle università, ebbe difficoltà ad ottenere il visto. E io allora gli diedi una mano, con l'ambasciata statunitense a Roma. Fu così il primo comunista italiano a entrare negli Usa". Si aggira sornione anche Antonio Maccanico (1924), ora senatore della Margherita, in politica da sempre. Da ex segretario generale del Quirinale, ai tempi di Pertini, ha parecchi consigli per il nuovo presidente, il primo: "Non stravolgere gli assetti della burocrazia interna". Insomma niente ben servito al segretario generale attuale, Gaetano Gifuni (1923), che è stato un fedele collaboratore di Ciampi (1920). Sta per cominciare la lunga cerimonia di investimento per il nuovo presidente, e i "vecchietti" sono contenti. Dopo le formalità di ieri, lunedì sarà il gran giorno con tanto di giro per Roma in macchina scoperta a sette posti con Berlusconi tra Milite Ignoto e Quirinale per il brindisi finale. Federico Orlando (1928) non vede l'ora di assistervi. Il giornalista cresciuto con Montanelli è soddisfatto perché "un uomo profondamente liberale, anche se non nella storia nella sostanza, sta per salire al colle più alto". E i giovani? Giampiero D'Alia (1966) deputato messinese dell'Udc, è scettico, si chiede irriverente se alla sua età Napolitano sarà lucido per 7 anni: "Speriamo che almeno succeda come con papa Wojtyla che, nonostante l'età e la malattia, si tirava molto su incontrando la gente e soprattutto i giovani". Ma si sa, in italia c'è una gerontocrazia. Un esempio? Ieri entrando alla Camera Giorgia Meloni, di An, è stata fermata senza essere riconosciuta dai commessi. È dovuto intervenire un coll