di LAURA DELLA PASQUA «ORA dobbiamo discutere sul partito unico».

Guarda avanti il leader della Cdl e il suo pensiero è come tenere insieme una coalizione che da queste elezioni è stata messa a dura prova. Ma che senso ha ora parlare di partito unico? Gli esegeti del pensiero berlusconiano spiegano che non sono parole gette lì a caso; il Cavaliere sta pensando al domani. E nel futuro di Berlusconi il primo nodo da sciogliere è il rapporto con l'Udc. È vero che alla fine la minaccia di una diaspora dei centristi è rientrata ma è anche vero che a poche ore dall'elezione di Napolitano al Quirinale, il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha ribadito che è stato «un errore politico» per la Cdl il no al candidato dell'Unione. Il che la dice lunga sull'insofferenza nell'Udc verso quello che considerano l'ennesimo diktat di Berlusconi. Un malessere sul quale ora il leader di Forza Italia ha gettato cenere ma che è destinato a esplodere alla prima occasione. Il Cav però è anche indignato per aver subito «un colpo di mano per soli 24 mila voti». E se da un lato fa progetti per il futuro dall'altro sente la voglia di fare un passo indietro. «Sono vecchio, a volte mi viene voglia di mollare, di tornare a casa, poi non so chi possa prendere il mio posto» confida a fine giornata. L'altro problema è quello dell'eredità. «Perchè non ho nominato un successore? Ma c'ero io...». Nella stanchezza del leader si scorge anche il sospetto verso chi lo circonda. «In Senato sarà una dura battaglia, è arrivato il momento di sapere su chi posso contare. Speriamo che non ci siano franchi tiratori». La nota dolente è sempre quella della fedeltà degli alleati. Imponendo la scheda bianca, Berlusconi ha ripreso in mano la situazione, rompendo i giochi di Fini, Casini e Rutelli che pensavano di poter gestire senza di lui l'operazione del Quirinale. Fini si è subito riallineato ma l'Udc ha ingoiato a fatica la scheda bianca. Il Cav non ha risparmiato all'alleato parole di fuoco. In una conversazione con Panorama, poi però smentita, si legge: «Nella prima votazione sul nome di Gianni Letta ci sono venuti a mancare 60 voti. Sessanta traditori, tutti parlamentari dell'Udc di Casini. Da lì in poi la Casa delle libertà ha scelto la linea della scheda bianca». Rilanciare quindi il partito unico, accelerarne la costituzione, significa, spiegano i colonnelli di Forza Italia, cementare la coalizione e ribadire che la regia di qualsiasi operazione è nelle mani di Berlusconi. Il Cavaliere ha intenzione poi di tenere le redini della politica di opposizione. Ha già indicato la strada. «La Cdl farà un'opposizione con gli stessi mezzi che la sinistra ci ha insegnato come l'ostruzionismo parlamentare, la verifica del numero legale e la proclamazione anche di scioperi in caso ci fossero provvedimenti lesivi per l'interesse del Paese». E nell'ambito dello sciopero Berlusconi ventila anche quello fiscale. Smentisce in modo categorico qualsiasi ipotesi di inciucio con D'Alema. «È stata un'invenzione totale. Mi sono indignato anche con Casini e Fini, che sospettavano che io potessi avere degli intrallazzi con D'Alema. Considero una vittoria politica l'essere riuscito a fare accantonare la candidatura del presidente Ds, un successo della mia strategia: così abbiamo sventato il male maggiore». Quanto alle sortite di Giuliano Ferrara, Vittorio Feltri, Marcello Dell'Utri e Fedele Confalonieri, tutti vicini al Cavaliere e tutti convinti che, sotto sotto, non gli dispiacesse D'Alema sul Colle, Berlusconi ribatte «Nessuno di loro ne ha mai parlato con me. Siamo in totale distonia su questo punto».