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Il Vaticano «fa il tifo» per Monti

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È il fantasma della conflittualità politica che si ritiene inevitabile con un presidente eletto a maggioranza dall'Unione che spaventa gli ambienti della Chiesa italiana, a livello di Conferenza episcopale e Oltretevere, nel primo giorno di votazioni. Si vorrebbe superata la conflittualità della campagna elettorale e del dopo-voto, come ha più volte invitato il presidente dei vescovi Camillo Ruini, come continua a fare da settimane il Sir, l'agenzia promossa dalla Cei, e come Ruini con molta probabilità farà anche nella prolusione del 15 maggio per l'assemblea generale della Cei, quando in Vaticano si riuniranno i circa 250 vescovi italiani. I vertici ecclesiali vorrebbero una figura al di sopra delle parti in quanto sia D'Alema che Napolitano, per la loro storia, sono espressione di un'area politicamente troppo connotata. Non si fa inoltre mistero del fatto che alla Chiesa italiana vengono a mancare gli interlocutori della passata legislatura, dal cattolico Casini all'ateo-devoto Pera, fino al laico ma cattolico Ciampi. Proprio per questo l'Avvenire insisteva per un Ciampi-bis già il 3 maggio, quando il presidente aveva manifestato chiaramente l'intenzione di non accettare un secondo mandato. Timori e paure restano forti, benchè ci sia soddisfazione per il fatto che la Cdl abbia proposto una rosa di nomi, costringendo così l'Unione a fare un passo indietro su D'Alema. E c'è un apprezzamento in particolare per la candidatura Monti, più che avallata dagli ambienti della Conferenza episcopale. Sostenuto, anzi lanciato, da Avvenire, il cattolico Monti, ex allievo dei gesuiti, è considerato la figura giusta, per prestigio accademico, politico e istituzionale per sbarrare la strada al presidente dei Ds, del quale nessuno nega capacità personali e politiche ma che non suscita molte simpatie. Quanto al nome di Napolitano, dato l'alto profilo istituzionale dell'ex presidente della Camera, risulta più gradito, ma sarebbe più subito che accettato. Anche con lui sul Colle, infatti, il Paese apparirebbe sbilanciato. I vertici ecclesiali comunque in questo particolare frangente preferiscono non farsi trascinare nel gioco politico della scelta del capo dello Stato, pur mantenendo intatte le preoccupazioni. Il compito di esprimere dubbi e timori è lasciato soprattutto ad Osservatore Romano e Avvenire. Il giornale vaticano si limitava a gelare l'ipotesi D'Alema, mentre il quotidiano della Cei si faceva portavoce del «metodo-Ciampi», cioè di un presidente eletto a larga convergenza di maggioranza e opposizione e chiedeva che non si ripetano per il Quirinale i «giochi nell'urna» che hanno caratterizzato l'elezione di Marini a presidente del Senato.

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