Passo indietro di D'Alema, tocca a Napolitano
Massimo D'Alema fa un passo indietro, il secondo. Il centrosinistra prova a fare un passo avanti lanciando un senatore a vita, il primo comunista ad essere ricevuto dagli Usa. Il primo comunista che andò al Viminale. Il migliorista. L'uomo che dialogava con l'altra parte, un pci atipico, quello più a destra. Anche troppo visto che anche l'ex presidente della Camera può vantare un passato fascista. È stato iscritto ai Guf (gruppi universitari fascisti). Ha scritto numerosi articoli sul IX maggio, la rivista dei giovani napoletani in camicia nera sino al 1942. La sua passione: le recensioni di teatro. La sua specialità: Pirandello. Napolitano è stato anche questo, a quell'epoca era un po' difficile essere altro. Napolitano fu l'allievo prediletto di Amendola, l'uomo del dialogo con il Psi di Craxi. Silvio Berlusconi, nel '94, si alzò in piedi e gli andò a stringere la mano dopo un discorso di sfiducia al suo governo. I Ds provano la carta Napolitano. Dopo una giornata di convulse trattative dalla quale Berlusconi si tira fuori in prima persona. La Cdl boccia per tutto il giorno il principale candidato D'Alema. Ma litiga al suo interno. Poi da Palazzo Chigi, Fini, Casini e Letta decidono di procedere con una rosa. Vengono convocati a Palazzo Chigi Rutelli, Fassino e Ricky Levi, l'uomo delle trattative per conto di Prodi. Il ragionamento che fa il centrodestra, per bocca di Fini, è elementare: «Voi proponete D'Alema, noi Letta. I due si elidono. A questo punto noi vi proponiamo una rosa». I nomi fatti sono tre del centrosinistra e un tecnico di alto profilo. Rigorosamente in ordine alfabetico: Amato, Franco Marini e Mario Monti. Il centrosinistra non ci sta, ribadisce che il candidato è uno. Secco: D'Alema. Casini e Fini rispondono picche e ricordano le parole pronunciate in mattinata da Berlusconi, che in pratica aveva detto «no» a qualsiasi nome di sinistra: D'Alema, Amato e Napolitano «hanno il cuore a sinistra e noi vogliamo qualcuno che abbia il cuore nel centrodestra». Fassino scalpita: «Allora ditelo, c'è una pregiudiziale contro nomi diessini». Ma Fini replica secco: «Non è vero. Non vogliamo persone che siano dichiaratamente di parte o di partito. Non si può candidare il leader di una formazione. Non ce l'ho con Massimo, ma non può essere uno che fino a tre giorni fa faceva il giocatore». L'incontro si chiude così, con un nuovo nulla di fatto. Rutelli, Fassino e Levi tornano a Santi Apostoli dove ci sono anche Prodi e D'Alema. Poi Prodi va ad una cena, Baffino e Fassino si ritirano a via Nazionale, quartier generale dei Ds. Arriva anche Nicola Latorre, fedelissimo del presidente della Quercia. E Vannino Chiti, fassiniano. Si discute animatamente. Alla fine è D'Alema a dire chiaramente che è pronto a fare un passo indietro. Non ci sta a farsi bruciare anche stavolta. Non ci sta a farsi bocciare dall'aula di Montecitorio sicuramente per i primi tre voti, durante i quali sono necessari i due terzi degli elettori. I vertice diessino informa Prodi che il suo presidente sta per fare un passo indietro. Ma i Ds vogliono comunque tentare una loro strada. Vogliono giocare una loro carta, Napolitano. Un senatore a vita e soprattutto di indiscutibile caratura istituzionale: è stato al vertice di Montecitorio ma anche della commissione affari istituzionali del Parlamento europeo. Come dire, il suo valore è ormai internazionale e certo non si può tirare fuori di nuovo, da parte di Berlusconi, la questione che si tratta di un ex comunista. È proprio l'ex premier a chiamare Napolitano. Che più tardi confermerà di aver dato la propria disponibilità. Viene informato Prodi che è d'accordo. Viene diramento il comunicato dell'Unione che lascia intendere un ok di massima di An e Udc: «Raccogliendo la disponibilità espressa dalla delegazione composta da Casini, Fini e Letta - si legge nella nota della maggioranza - di far convergere i voti dei partiti da loro rappresentanti su una personalità del centrosinistra e di forte profil