Già domani Previti potrebbe tornare a casa
Analoga richiesta è stata fatta dai legali di Attilio Pacifico. «Abbiamo presentato istanza - dice il legale - anche al magistrato di sorveglianza che potrebbe decidere, in maniera provvisoria, più celermente rispetto al Tribunale di Sorveglianza». Previti, che si è visto confermare la condanna dalla Cassazione, ha trascorso la sua seconda giornata dietro le sbarre leggendo, guardando la tv e incontrando i suoi «visitatori». Indossava jeans e camicia azzurra, sul tavolino della piccola cella (meno di una decina di metri quadrati) il libro che gli fa compagnia: «Storia di Roma» di Indro Montanelli. L'umore è sereno, tranquillo, ogni tanto anche qualche battuta, con una guardia penitenziaria o con le persone che sono andate a trovarlo. Tra queste, ieri mattina, i parenti. Il parlamentare è rinchiuso da solo in una delle dieci celle del piccolo braccio dove si trovano le stanze di arrivo. Il locale è piccolo ma fornito dei servizi necessari: letto sulla sinistra, sanitari (tranne il bidet), piccolo sgabello, tavolino con televisore. Il primo a giungere ieri mattina nel carcere è stato l'europarlamentare di Forza Italia Antonio Tajani, a capo di una delegazione di alcuni politici, nazionali e locali. Era talmente presto - le 8,45 - che Previti, appena uscito dalla doccia, li ha accolti con sorpresa: «Così presto siete venuti?». Hanno parlato delle tragiche notizie provenienti dall'Afghanistan, del prossimo dibattito parlamentare sulle sue dimissioni («Voglio esserci»), della richiesta del beneficio dei domiciliari, della sua innocenza. Previti ha diritto a sei ore di colloquio mensili. Le visite dei parlamentari, però, se avvengono in cella e alla presenza di un agente penitenziario o del direttore del carcere, non rientrano nel computo. I parenti, invece, non hanno questa opportunità e possono incontrare il detenuto soltanto in sala colloqui. Dopo gli onorevoli Pecorella («È un uomo combattivo. Se sia depresso, dopo questa prima notte in cella, di certo non lo dà a vedere»), Tajani e Cicchitto, anche i colleghi Lainati, Giro e Simeoni oltre che Valentino Valentini, stretto collaboratore del presidente del Consiglio, hanno fatto visita alla casa circondariale romana. Un pubblico insolito per via Majetti, frequentata abitualmente da familiari di detenuti meno «eccellenti». Stupita dalla facilità con cui ha avuto accesso la delegazione di Forza Italia al carcere, una signora calabrese, madre di un detenuto ventitreenne, condannato a cinque anni per rapina a mano armata, ha detto ai cronisti: «Mio figlio ha più o meno la stessa pena di Previti, ma lui l'ha scontata tutta in carcere. Ed io per entrare ho dovuto fare cinque ore di fila, mentre loro...». «Sono dispiaciuta. Pensare che un uomo di oltre 70 anni sia in carcere, mi addolora moltissimo. Spero gli siano concessi gli arresti domiciliari. A Previti, oggi va la mia solidarietà umana», ha detto Stefania Ariosto, il superteste Omega del processo Imi Sir-Lodo Mondadori. E ha spiegato che oggi non si presenterebbe più come superteste, perchè le è costato troppo. La condanna definitiva di Previti, osserva la Ariosto, «è un risarcimento effimero perchè prevale il dolore per l'uomo privato della libertà e perchè questi 11 anni di inchieste mi sono costati tantissimo da un punto di vista personale». Il direttore di Liberazione, infine, ha scritto che Previti «andava condannato, se c'erano le prove». Ma ha aggiunto: «Credo anche che il carcere sia una prepotenza eccessiva, una violenza inutile e ingiusta». Piero Sansonetti, pur consapevole che «molti lettori di questo quotidiano dissentiranno fortemente», propone «di compiere dei passi per fare uscire Previti di prigione» e, con una battuta, propone «una legge ad personam, specialissima: l'amnistia». In genere, scrive Sansonetti, «le amnistie perdonano i reati con pene fino ai quattro anni.