Ora Marini si vuole scegliere anche il «superiore»
Franco Marini, seconda carica dello Stato, ha detto esplicitamente chi vorrebbe come prima: Massimo D'Alema. Certo, lo ha fatto a titolo personale, spiegando che parlava come solo «come senatore Franco Marini» e non da numero uno di Palazzo Madama. Ma l'imbarazzo che si coglieva anche tra i commessi del Senato era evidente. E non poteva essere altrimenti. Il suo predecessore alla guida del Senato, Nicola Mancino, si trovò nella stessa situazione: era la secomda carica dello Stato e veniva candidato alla prima. Ma si guardò bene di entrare pubblicamente nelle polemiche. E meno che meno candidò qualcuno a divenire suo «superiore». Marini pure ne dovrebbe sapere qualcosa perché fu lui, allora segretario del Ppi, condusse le trattative. E fu lui, e non Mancino, a candidare l'allora seconda carica dello Stato al Quirinale sino all'ultimo momento contro Ciampi. Mancino rimase in silenzio (anzi, disse a tre mesi dalla scelta: «Non sono candidato e non faccio previsioni»), si sottrasse - specie nelle ultime settimane - nella gara per il Colle. E men che meno si espresse a favore di altri candidati. Marini in parte ha rispettato questa regola istituzionale. E ha spiegato: «Voglio sottolineare che sono stato eletto presidente del Senato pochi giorni fa. Un incarico difficile ma anche esaltante, un lavoro duro per il quale mi sono impegnato ed ho assolutamente l'idea di portarlo avanti con le mie capacità, la mia determinazione, con l'impegno che questa responsabilità richiede. Per questo vi dico che non sono e non sarò candidato ad altri impegni politici, ad altre cariche e ad alcunchè». E ha sottolineato: «Sono stato eletto al Senato - ha ribadito Marini - ed ho intenzione, con serietà e senza tatticismi, di continuare a svolgere il mio lavoro. Ribadisco - ha concluso - non sono e non sarò candidato al Quirinale». Quindi ha aggiunto la sua postilla, questa volta come senatore semplice e non da presidente, spiegando che la candidatura di Massimo D'Alema al Quirinale può essere lo «sbocco unitario» per avviare il dialogo tra gli schieramenti politici. Il presidente del Senato ha sottolineato di esprimere questo giudizio sulla candidatura di D'Alema a titolo personale anche perchè ritiene che il presidente dei Ds abbia «tutte le caratteristiche, la statura e l'esperienza necessarie». Ha anche specificato che a suo giudizio «il Paese abbia attraversato una campagna elettorale aspra e che sia diviso a metà, anche se il risultato elettorale è chiaro. Bisogna fare un grande sforzo di unità e questo spetta alla decisione delle forze politiche. Io sono legato al centrosinistra e ritengo che non si debba passare sopra a questo sforzo unitario. Bisogna aiutare perché sia avviata una fase in cui il Paese può essere governato in vista delle scadenze più impegnative. Tutto ciò rappresenterebbe un passo fondamentale per sdrammatizzare la situazione». Nella partita per il Quirinale stanno saltando tutte le regole. Tutti si sentono in grado di fare nomi, candidature. E non ha nessuna importanza se ricoprono cariche istituzionali. F. D. O.