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Massimo non molla: mi votano anche in An

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Sarebbe molto inusuale, vedremo... non dipende da me ma dal Parlamento, dalle forze politiche». Sono da poco passate le tre del pomeriggio quando Massimo D'Alema, intervistato da Sky Tg24 Pomeriggio pronuncia queste parole. Parole che sembrano chiudere qualsiasi discussione su una sua possibile candidatura alla successione di Carlo Azeglio Ciampi. Un'ora più tardi il presidente Ds lascia la sala delle Conferenze di palazzo Marini, dove si è appena svolta l'elezione del capogruppo dell'Ulivo alla Camera (il diellino Dario Franceschini), senza rilasciare dichiarazioni. Poco dopo le 19 Ciampi chiarisce una volta per tutte che lui non è disponibile ad un ulteriore settennato e a via Nazionale sorge spontanea una domanda: e ora che farà D'Alema? Un dalemiano doc come Giuseppe Caldarola, non si nasconde e ammette sicuro: «Ora che Ciampi ha detto di no mi sembra che in pole position per salire al Colle ci sia Massimo D'Alema». Quasi a lasciar intendere che quelle parole pronunciate nel pomeriggio a Sky Tg24 non erano una rinuncia ufficiale, ma piuttosto un eccesso di modestia, una strategia. In fondo, è opinione diffusa all'interno della Quercia, che il presidente Ds non ha mai veramente rinunciato all'idea di salire al Quirinale e, ora che Ciampi ha detto no, potrebbe ritornare in pista. Anche se la strada è piuttosto in salita. «Berlusconi non accetterà mai la candidatura di D'Alema - dice un esponente diessino -. Piuttosto cercherà un accordo su Amato e, quel punto, anche D'Alema sarà costretto ad accettare. In fondo Amato è pur sempre il presidente del comitato scientifico della Fondazione Italianieuropei quella di Massimo». Ma il presidente Ds non sembra affatto scoraggiato da questa situazione. «Se Berlusconi e Forza Italia non sono d'accordo - dicono a via Nazionale - vorrà dire che troveremo altri alleati. In An e nell'Udc ci sono alti dirigenti a cui non dispiacerebbe affatto votare Massimo». E anche Caldarola conferma: «Senza fare nomi le assicuro che conosco molti dalemiani della Cdl. Sono convinto che, magari dopo un certo numero di votazioni, quando ognuno avrà smesso di parlare al proprio pubblico e saremo passati dalla propaganda alla razionalità, allora sarà possibile costruire un consenso bipartisan attorno alla figura di una persona come Massimo che ha già dato dimostrazione di impegnarsi e lavorare per l'altra parte». Il riferimento è ovviamente all'esperienza della Bicamerale. Sarebbe stato in quell'occasione che D'Alema avrebbe costruito i suoi rapporti con il «nemico». E non nemici qualsiasi. In Transatlantico si parla già di un ex ministro e di un ex sottosegretario di An come di due dalemiani doc. Certo, il diretto interessato, dopo la scottatura della presidenza della Camera, continua a fare l'attendista. «Ora nessuno è candidato, non ci sono nomi da fare - ha detto il presidente della Quercia commentanto la decisione di Ciampi -. Spetta ai partiti dell'Unione e al suo leader avviare i necessari contatti per arrivare alla soluzione più adeguate e ad illustrare possibili soluzioni». Intanto nell'Unione il consenso sale. «D'Alema è per noi un candidato forte ed autorevole» ha detto il leader del Pdci Oliviero Diliberto. «D'Alema al Quirinale converrebbe a tutti, non capisco perché Berlusconi continui a dire di no, continuando ad avvelenare il clima» gli ha fatto eco il capogruppo dell'Udeur alla Camera Mauro Fabris. Mentre per il Verde Pecoraro Scanio: «D'Alema è un nome certamente autorevole e, se questa fosse la scelta concordata dall'Unione, bisogna che si lavori per costruire intorno a questo nome la più larga convergenza». Insomma ad oggi, la possibilità di vedere Massimo D'Alema al Colle, sembra essere tutt'altro che «inusuale».

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