Ecco perché è incompatibile
Non può fare il dg della Rai
Dunque si trova «in una posizione di illecito permanente» dalla data della nomina. Inoltre la contestazione dell'infrazione da parte dell'Autorità è avvenuta «nel pieno rispetto» dei termini di legge e non tardivamente come sostenuto dallo stesso Meocci e dalla Rai. Sono alcuni dei passaggi essenziali delle due delibere, datate 27 aprile e notificate ieri all'azienda e al dg, con cui il Consiglio dell'Autorità ha accertato «la situazione di incompatibilità» di Meocci, intimando alla Rai il pagamento di una multa da 14,3 milioni di euro e allo stesso Meocci da 373mila euro. Ovvero lo 0,5% del fatturato dell'ultimo esercizio di bilancio approvato per l'azienda e lo stipendio lordo percepito finora dal dg, al netto dalla retribuzione lorda da caposervizio, come spiega l'Agcom. Nelle due ordinanze-ingiunzioni - nove cartelle per Meocci, dieci per la Rai - l'organismo di garanzia «smonta» pezzo per pezzo le tesi difensive del direttore generale e dell'azienda. Prima questione, la competenza dell'Autorità ad occuparsi del caso: per il dg sarebbe stata del ministero delle Comunicazioni, per l'azienda dell'azionista, cioè il dicastero dell'Economia. Ma l'Authority ribadisce la propria competenza in linea con il parere del Consiglio di Stato, interpellato proprio per sciogliere tale nodo. Secondo punto conteso, la «tardività della contestazione» (notificata il 4 gennaio a Meocci, il 5 alla Rai) che sarebbe avvenuta, secondo gli interessati, dopo i 90 giorni previsti dalla legge a partire dall'accertamento dell'infrazione. Per l'Authority gli atti di contestazione risultano «notificati nel pieno rispetto del termine». Sono stati i giudici di Palazzo Spada a pronunciarsi a metà dicembre. Infine, entrando poi nel merito, il ruolo di dg non può essere visto come «una progressione di carriera», ma va inteso come «un incarico professionale del tutto autonomo». Quantificate le multe, le delibere ricordano che gli interessati sono tenuti a pagare entro 30 giorni dalla notifica e che entro 60 giorni possono impugnare il provvedimento davanti al Tar del Lazio.