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di GIANNI DI CAPUA «CORNUTI e mazziati».

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Dopo che la presidenza di Montecitorio è finita a Fausto Bertinotti, dopo che quella del Senato è andata a Franco Marini. Ora la Quercia dovrà con tutta probabilità salutare mestamente anche la speranza di vedere un diessino sedere al Quirinale. Difficilmente, infatti, la partita aperta dalla rinuncia di Carlo Azeglio Ciampi vedrà tradursi in realtà i desiderata di via Nazionale (anche se D'Alema sembra giocare una partita a sè) e, a questo punto, la situazione da difficile che era sembra diventare lentamente drammatica. Il principale partito del centrosinistra, infatti, rischia di trovarsi escluso da tutte le cariche istituzionali ed è ovvio che questo avrà ripercussioni. Non solo sull'Unione dove si complica ulteriormente la partita per la composizione della squadra di governo (che Prodi dava praticamente per chiusa), ma anche all'interno di via Nazionale. È qui, infatti, che il clima è più pesante. Fassino sembra ormai un «pugile suonato» incapace di uscire dall'angolo. Qualsiasi «cespuglio» della coalizione di centrosinistra sembra avere più potere contrattuale dei Ds. E questo sta generando malumori in vari settori del partito, ma in particolare in Massimo D'Alema che, però, continua a negare conflitti tra lui e il segretario. «Non c'è nessun litigio con Piero Fassino» ha detto ieri il presidente arrivando a via Nazionale per partecipare alla riunione della segreteria dei Ds. «La proposta che Fassino ha portato a Prodi sull'ipotesi della formazione del governo e qualsiasi altra proposta sono proposte di Fassino - ha aggiunto -. Nessuno ha imposto niente a nessuno». Eppure sono in molti a giurare che, passata l'elezione del nuovo Capo dello Stato, le tensioni interne alla Quercia torneranno a turbare i sogni di Prodi. D'Alema non ha ancora accettato nessun incarico (spera ancora nel Colle), ma ha già abbondantemente chiarito che, chi va al governo, deve lasciare gli incarichi di partito. Fassino non vuole lasciare via Nazionale nelle mani del «leader Maximo» ma, contemporaneamente, non vuole rinunciare ad entrare al governo visto che il suo «omologo» Francesco Rutelli occuperà la poltrona di vicepremier. E così tutto sembra ruotare attorno al braccio di ferro tra i due leader Ds. Un braccio di ferro che, per il momento, ha gettato nella confusione più totale i Ds che continuano a recitare la parte dei «cornuti e mazziati».

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