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Ciampi dice «no» Si riapre lo scontro

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Dopo le urla, gli insulti e le minacce della campagna elettorale, dopo la guerra silenziosa per accorciare i tempi del nuovo esecutivo e quella fin troppo rumorosa che si è svolta al Senato per eleggere Marini, la prima e «convergenza» tra Unione e CdL dal 2001 si era manifestata sul nome del nuovo presidente della Repubblica. Anzi del vecchio. Perchè ambedue gli schieramenti erano compatti nel chiedere il bis all'attuale inquilino del Quirinale. Per il centrodestra era l'«antidoto» al «pericolo comunista», rappresentato principalmente da Massimo D'Alema e, in subordine, da Giorgio Napolitano. Per il centrosinistra è stato un punto di riferimento, una «garanzia», un «arbitro» imparziale a cui rivolgersi durante il quinquennio berlusconiano. E, quindi, nessuno dei leader unionisti poteva rifiutare la sua ricandidatura senza perdere la faccia. Invece lui, il diretto interessato, dopo qualche mezza frase pronunciata durante la sua visita a Livorno che lasciava già presagire una decisione negativa, in serata l'ha resa pubblica. E inappellabile. «Nessuno dei precedenti nove presidenti della Repubblica è stato rieletto. Ritengo che questa sia divenuta una consuetudine significativa. È bene non infrangerla. A mio avviso, il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato», ha spiegato Carlo Azeglio Ciampi con una nota diffusa dal Quirinale. Manifestando gratitudine per le dichiarazioni a favore di una sua rielezione, il capo dello Stato ha però confermato la sua «non disponibilita» ad un rinnovo del mandato. «Non ritengo, infatti, data l'età avanzata, di poter contare sulle energie necessarie all'adempimento, per il lungo argo di tempo previsto, di tutte le gravose funzioni proprie del Capo dello Stato». Il «disgelo» dunque è durato appena un giorno. E la corsa al Colle si riapre. Da un lato i candidati del centrosinistra, dall'altro quelli della CdL, il sottosegretario Gianni Letta (ufficiale) e l'ex premier Giuliano Amato (ufficioso). Ma sulla «successione» è già scontro. I leader dell'Unione, all'unisono, si dicono «dispiaciuti» per la rinuncia. Quelli della Casa delle Libertà manifestano preoccupazione e piantano i loro «paletti». Il primo è Berlusconi: la sinistra non si può «accaparrare anche il Quirinale», avverte. «Se avessimo a che fare con una sinistra autenticamente democratica dovrebbero capire che dopo aver incassato molti ruoli chiave, essersi accaparrati le principali istituzioni della nostra Nazione, non possono pensare di mettere le mani anche sul presidente della Repubblica che deve essere il garante dell'unità di Italia», conclude il Cavaliere. «Rispettiamo la volontà del presidente Ciampi cui va ancora una volta il senso della nostra gratitudine e il nostro apprezzamento per quanto ha fatto in tutti questi anni - afferma il presidente di An Gianfranco Fini - Succedergli non sarà facile per nessuno. Attendiamo di verificare se il centrosinistra è consapevole di quanto sarebbe grave per la credibilità della più alta magistratura della Repubblica, in un'Italia che il 9 aprile si è divisa in due, l'elezione di una personalità che non sia garanzia della unità di valori, di sentimenti e di intenti di tutto il popolo italiano».

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