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Senato, ora si gioca la battaglia delle commissioni

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Su 14 presidenze 9 potrebbero andare alla Cdl. Decisivo il ruolo del gruppo Misto

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Dopo la burrascosa elezione di Franco Marini il prossimo appuntamento a palazzo Madama sarà l'elezione dei presidenti delle quattordici commissioni permanenti e sarà qui, oltre che nell'aula, che la neonata quindicesima legislatura verificherà la sua robustezza. La nave non è ancora partita e tuttavia già si cominciano a issare vele e bandiere. La maggioranza sta infatti verificando quali commissioni assolutamente non cedere agli avversari. Affari costituzionali e Bilancio, attraverso le quali passano tutti i provvedimenti, sono tra le incedibili. Irrinunciabili sono per la maggioranza anche Esteri alla cui guida sarebbe chiamato Lamberto Dini, e Difesa. A queste, per la delicatezza dell'argomento, viene aggiunta anche la commissione Giustizia. Almeno questi sarebbero i piani del centrosinistra. I numeri, infatti, non giocano a favore della maggioranza. Una volta conquistate queste commissioni, per le altre si andrà allo scontro. E a parità, vale il principio dell'anzianità anagrafica, cioè viene eletto alla presidenza il più attempato. E qui la Casa delle Libertà può mettere in campo un numero di senatori più anziani rispetto al centrosinistra. Insomma, secondo un primo calcolo, delle 14 commissioni permanenti, 9 le presiederebbe l'opposizione. Poiché per il regolamento di Palazzo Madama ogni gruppo deve essere rappresentato in commissione, da una parte e dall'altra si era pensato a costituire dei sotto-gruppi, tra i 10 e 13 senatori, in modo da poter mandare un rappresentante di tale sottogruppo in ogni commissione. Si sarebbe voluto cioè ripetere la strategia messa in atto dal centrosinistra nel '94 e che permise all'opposizione di scippare le commissioni alla maggioranza. Una mossa, però, che se attuata da entrambi gli schieramenti si sarebbe rivelata inutile, annullandosi. Ed è per questo che l'escamotage è stato accantonato. Proprio in questo contesto, allora, acquista un peso notevole il gruppo misto, al cui interno figurano l'Udeur, l'Italia dei valori, lista consumatori, la Svp e il senatore eletto in Valle d'Aosta. Oltre ai soliti senatori a vita che si confermano i veri aghi della bilancia della legislatura. Una cosa comunque è certa: la vita per governo e maggioranza non sarà facile né in commissione né in aula. Non solo perché le assenze possono colpire sia uno schieramento sia l'altro, ma anche per le varie manovre che l'opposizione non mancherà di mettere in atto per ostacolare, ritardare e addirittura far naufragare leggi e decreti. Anche sul fronte opposto comunque non si dormono sonni tranquilli. L'ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, in predicato per diventare il capogruppo della Lega al Senato, punta il dito sul rischio di assenza dei senatori del centrodestra. «Bisogna vedere a quali commissioni punta la maggioranza. Noi faremo valere le nostre ragioni». Ma quello che Castelli teme è quella che definisce la «sindrome della destra», cioè l'assenza in aula e in commissione degli stessi parlamentari di destra. E poiché è probabile che la stragrande maggioranza dei provvedimenti non riesca a varcare il traguardo in commissione e sarà costretto all'appello in aula, c'è già chi ipotizza una raffica di richiesta di fiducia da parte del governo. Per aggirare assenze e ostruzionismi e proseguire il cammino.

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