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D'Alema rincorre Silvio gli scappa

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Baffino dietro in affanno e il Gattone davanti che scappa. È davvero un rapporto di amore e odio quello tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi. Più odio che amore. Soprattutto del presidente dei Ds nei confronti del Cavaliere. Oramai è diventata la sua vera bestia nera. Non riesce a metterlo nel mirino, è una preda che puntualmente gli sfugge. E quando gli si è avvicinato, s'è bruciato. Il leader della sinistra, infatti, nella sua corsa verso il Quirinale, ha risolto il fronte interno dei franchi tiratori. Una parte della sinistra, in particolare quella radicale, non gli perdona molte cose: praticamente tutto. Ma ha avuto rassicurazioni di Fausto Bertinotti. Doveva affrontare anche i maldipancia della Margherita (prodiani), che ancora non gli perdonano la «trama» anti-Professore di sei anni fa. Ma anche in questo caso gli è giunto in soccorso Prodi in persona. E anche l'ala interna dei Ds è stata sedata grazie all'asse di ferro con Walter Veltroni. D'Alema sa che ora nella corsa verso il Colle gli serve un'intesa con il centrodestra. Certo, potrebbe procedere al quarto scrutinio, quando basta la maggioranza semplice: e il centrosinistra ha tutti i numeri grazie al soccorso che gli arriverà dai delegati regionali. L'ex presidente del Consiglio però non vuole essere un candidato di rottura. Porta già con sè la «colpa» di essere il primo ex comunista a provare seriamente la scalata alla principale carica dello Stato. Non vuole finire bruciato sotto i fuochi di Berlusconi e Prodi, non vuole essere l'uomo che incendia ancora di più il clima. Per questo ha provato a tendere la mano verso il campo avverso. Ha cominciato con l'esponente della sponda opposta più «facile»: Pier Ferdinando Casini. Dopo ha provato anche con Gianfranco Fini. Ma nell'uno e nell'altro caso s'è ritrovato davanti a risposte simili seppur con toni diversi: «Scusa, Massimo. Ma a trattare è Berlusconi», è stata la replica che ha ricevuto. E allora non gli è rimasto che avere a che fare con Berlusconi. Maladetto Berlusconi. Sul rapporto tra i due esiste una vasta letteratura. Al fondo D'Alema, l'ultimo trogliattiano, ha applicato nei confronti del Cavaliere uno degli insegnamenti classici del Migliore: si parla sempre con il nemico. E proprio per questo ha cercato di stabilire un dialogo con il Berlusca. Anzi, è stato il primo nella sinistra a insistere perché si creasse un rapporto con l'imprenditore. «La verità è che un rapporto non si è mai riuscito a creare - spiega un uomo molto vicino al presidente dei Ds -. Perché Berlusconi ha elevato il dilettantismo a professione in politica. E per D'Alema, che è un professionsta della politica, è un dramma: non sa da che parte prenderlo». E l'unica vera volta che l'ha preso, siglando l'accordo per le riforme con la Bicamerale, il Cavaliere fece saltare tutto. D'Alema ancora paga il prezzo di quell'intesa. Tra i due i rapporti si sono via via deteriorati. Soprattutto in campagna elettorale sono diventati tesi. Il 12 gennaio viene fissato un faccia a faccia ad Alice tra i due in tv, che poi però salta per volontà di Berlusconi memore del confronto aspro avuto con Baffino a Ballarò dopo le elezioni Regionali del 2005. Il 14 gennaio il Cavalire torna alla carica sul caso Unipol e accusa proprio D'Alema. Due giorni dopo lo tira in ballo per gli incontri con Generali, azionista di Bnl. Il presidnete dei Ds prova a snobbarlo: «Non bisogno occuparsi di lui». Ma Berlusconi lo rovoca subito: «Se vince la sinistra sarà D'Alema il premier». Il 7 febbraio salta un altro confronto, stavolta a Ballarò e per volere del leader della sinistra. Da quel momento si beccheranno per tutta la campagna elettorale. Perché se c'è quancosa che li accomuna è il fatto di giocare sempre in prima partita. Nessuno de due è come Prodi, che arriva allo stadio so,ltanto quando c'è da alzare la coppa.

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