Marini presidente. Ma Prodi è più debole
Tre voti in più del necessario. E anche se c'è chi grida all'instabilità, le prime parole di Marini sono state chiare: «Sarò il presidente di tutti», ha detto. Intanto, senatori e rispettivi entourage hanno fatto un no-stop a Palazzo Madama: intrappolati nelle sale di Palazzo Madama hanno fatto le ore piccole senza riuscire a portare a casa il «nome» del presidente del Senato: ieri, nel primo pomeriggio, un sospiro di sollievo da parte dei «fedelissimi» di Marini: compagni di partito, che gli sono stati accanto durante tutta la durata delle votazioni. «Instabilità», al contrario, è la parola che risuona più di frequente nel centrodestra: per governare - con Bertinotti alla Camera e Marini al Senato, infatti - il centrosinistra avrebbe bisogno di assicurare sempre e comunque la presenza dei senatori a vita sulle poltrone, per permettere le votazioni stesse. Dall'altra parte impugnano una regola chiara e semplice secondo la quale, per vincere le elezioni, sia necessario quanto sufficiente riscuotere la «maggioranza più uno». Nonostante questo il neoeletto presidente del Senato non è stato risparmiato da critiche: e lui dal canto suo da «novizio» qual è - così è stato denominato da Andreotti e così, ironicamente, come si è autodefinito - ha rivolto le prime parole «da presidente» alle vittime da Nassiriya e, subito dopo, ha brindato «con i suoi» della Margherita. Tutti insieme con «Giulio»: non Andreotti ma il nome di una bottiglia di spumante, che l'entourage gli ha fatto come regalo, per la vittoria: «Sarò il presidente di tutto il Senato. In un dialogo fermo e mai abbandonato sarò il presidente di tutti voi», ferma la volontà di portare avanti un dialogo, da parte del neoeletto presidente del Senato. «Una vittoria di Pirro», tuonano dal centrodestra. «Una vittoria e basta», replicano dal centrosistra anche se, dopo un 48 ore di tre elezioni (più una) al cardiopalma, a molti sono tornate alla mente le precedenti votazioni per il Presidente del Senato: il record della più lunga è comunque tutt'ora detenuto da Carlo Scognamiglio che fu eletto nel 1994 alla quarta votazione in ballottaggio con il presidente uscente Giovanni Spadolini e un solo voto di scarto; l'eccezione, al contrario, è quella di Marcello Pera, eletto dal centrodestra come Presidente del Senato praticamente all'unaminità dal centrodestra: dal 1948 al 1987, infatti, a Palazzo Madama i presidenti sono stati eletti sempre nella prima votazione. E la storia dei nomi storpiati tanto al centrodestra quanto al centrosinistra? A dare una risposta e a parlare di costume - o meglio malcostume - parlamentare ci ha pensato Francesco Cossiga in apertura di seduta: l'ex capo dello Stato, infatti, ha scritto in anticipo al presidente Scalfaro per chiedere la parola per un intervento che non ha tardato a definire «moralizzatore». Il fare ostruzionismo durante l'elezione dei presidenti delle Camere - ha detto - equivarrebbe un po' come parlare di «staticidio» ammonendo che, le istituzioni, non temono attacchi ma «possono essere uccise dal ridicolo». Sulla falsariga del pamphlet dell'irlandese Jonathan Swift, Cossiga ha avanzato così la «modesta proposta» di dare «quattro regoline semplici semplici» ai giovani segretari di presidenza.