La sinistra adesso teme il Senato «Sarà dura resistere cinque anni»
Alla fine Franco Marini, a dispetto dei «pizzini» e dei messaggi trasversali, ce l'ha fatta. Da ieri è il nuovo presidente di Palazzo Madama. Romano Prodi e Francesco Rutelli, subito accorsi a Palazzo Madama, hanno festeggiato dalla tribuna dell'Aula l'elezione del candidato del centrosinistra. Ma la vittoria non ha placato la paura per quello che avverrà dalla prossima settimana. L'opposizione ha infatti dato un piccolo assaggio di ciò cui la maggioranza di centrosinistra si dovrà aspettare da martedì prossimo quando le battaglie si trasferiranno nelle tredici commissioni permanenti per l'elezione dei rispettivi presidenti. E, soprattutto, cosa avverrà quando si passerà a lavorare seriamente affrontando le votazioni dei disegni di legge. Insomma, ufficialmente tutti parlano nell'Unione di vittoria e di grande successo. Ma le chiacchiere nel Transatlantico di Palazzo Madama, dove i senatori si fermano a confabulare, sono di tutt'altro tono. D'altro canto bastava vedere la faccia di Piero Fassino la notte tra venerdì e ieri: il segretario dei Ds era accorso nel Palazzo per seguire sul campo la battaglia delle votazioni. E all'ennesimo insuccesso è sceso anche lui sul pianerottolo dell'aula. Aveva un volto funereo. Cadaverico. In ogni modo, alla fine delle maratona elettorale di Palazzo Madama sia Fassino che D'Alema hanno ritenuto necessario arrivare a un clima rasserenante, in vista della nascita del governo Prodi: in casa Ds si ritiene importante superare «il muro contro muro» soprattutto ora che è stata definita una maggioranza sia alla Camera che al Senato. Marini passa, ma la prima prova nell'aula ha dimostrato che per l'Unione governare sarà come affrontare una guerra in Vietnam. Con la CdL pronta a dare battaglia su ogni minimo emendamento. Ben lo ha capito Anna Finocchiaro, neosenatrice dei DS, e in predicato per diventare presidente del gruppone dell'Ulivo a Palazzo Madama. «La questione - ha detto - è se negli anni che verranno si può tentare la gestione di cinque anni con il Paese in queste condizioni, dove ciò che vige è l'incertezza l'approssimazione e la rivincita. La maggioranza deve trovare il modo di relazionarsi con l'opposizione, di garantire al Paese che tutto ciò che accadrà in questi cinque anni non è destinato ad essere travolto o essere frutto della casualità della maggioranza ma frutto di un pensiero strategico e condiviso». Le preoccupazioni dilaniano anche chi, come Domenico Fisichella, ha fatto il cambio di casacca passando da An alla Margherita, alla fine della scorsa legislatura e che si aspettava un qualche riconoscimento per la sua scelta di campo. È evidente che con i risultati ottenuti dal centrosinistra e soprattutto con la sua performance elettorale non certo brillante visto che è tornato a Palazzo Madama tra i ripescati, ogni promessa di incarichi di prestigio fatta prima delle elezioni, potrebbe essere vanificata. «Cosa succede?», ha chiesto Fisichella preoccupato all'ex capogruppo diessino, Gavino Angius, all'uscita dalla buvette: «Non so - ha risposto Angius - ma credo che nella notte ci sia stato un abboccamento. Vedremo cosa succede». E la paura fa sì che ci sia un clima di sospetto che la vittoria di Marini non ha contribuito a placare. Clemente Mastella, segretario dei Popolari-Udeur ha anche ieri rispedito al mittente le polemiche sui sospetti circolati fin dalla prima votazione nei confronti dei tre rappresentanti del suo partito a Palazzo Madama, impegnati nel voto per l'elezione del presidente del Senato. «Non ho nessun interesse politico in Senato - ha spiegato - perché la mia partita viene il giorno dopo e riguarda il governo. Ecco perché ho posto condizioni sul ruolo politico del mio partito all'interno dell'esecutivo. Io non c'entro con i franchi tiratori, semmai cercate eventualmente in qualche petalo di qualche fiorellino». Un'accusa che ha visto il dielle Francesco Ferrante ribattere prontamente. «Si tratta di ipotesi di scuola - ha detto - al netto dell'indubbia lealtà all'inte