La prima battaglia è sul nome Luxuria

Si può invece e ci sono precedenti illustri nell'uso di pseudonimi, come Moravia e Silone. Il primo giorno di legislatura vede anche il primo «caso Luxuria». Al momento di iniziare il terzo scrutinio per l'elezione del presidente dell'assemblea di Montecitorio, Roberto Menia (An) chiede al presidente provvisorio della Camera Fabio Mussi (Ds) che nei resoconti parlamenti l'esponente del Prc Vladimir Luxuria venga indicato col proprio vero nome e cognome. «Per rispetto delle istituzioni non dovrebbero essere ammessi - osserva Menia - i nomignoli, nomi d'arte o di "travestimento". Le chiedo di provvedere ad una correzione dello stenografico». «Lo pseudonimo, ossia un nome diverso da quello anagrafico, è tutelato dall'ordinamento, nel caso in cui raggiunge l'importanza del nome nell'identificazione sociale della persona», replica Mussi, che ammette di essersi preparato la risposta. «La giurisprudenza - aggiunge Mussi - riconosce l'uso dello pseudonimo nei negozi giuridici, nei rapporti contrattuali e anche nei rapporti processuali». Il presidente provvisorio cita i casi di Marco Pannella (che si chiama Giacinto), Ombretta Fumagalli Carulli (che si chiama Battistina), Bobo Craxi (che si chiama Vittorio); Ombretta Colli (che di cognome fa Comelli), Carla Stampa (che si chiama Stampacchia). E ricorda illustri precedenti «parlamentari»: Ignazio Silone (che si chiamava Secondo Tranquilli), o più di recente Alberto Moravia (che si chiamava Alberto Pincherle). «La presidenza provvisoria non può assumere comportamento diverso e ha ritenuto valida l'indicazione di voto col solo pseudonimo», conclude Mussi tra gli applausi del centrosinistra. E lei? Appena giunta alla camera, aveva risposto così ai cronisti che le chiedevano una prima impressione: «Mi sento come una gatta, che annusa, studia e cerca di capire dove si trova», aveva detto la deputata- transgender eletta nella fila del Prc.