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Nove mesi da Pupo a Santoro

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Queste le prime parole pronunciate da Alfredo Meocci il 5 agosto del 2005, pochi minuti dopo la sua nomina a direttore generale della Rai. Lo sforzo di condividere il suo impegno con il vertice aziendale, in particolare con il presidente Claudio Petruccioli, caratterizza i suoi nove mesi a Viale Mazzini segnati, tra l'altro, dal rientro in azienda di Michele Santoro, dalla sfida lanciata con successo da Pippo Baudo al calcio di serie A passato a Mediaset, dall'Auditel che continua a premiare la tv pubblica. Ma anche dalle difficoltà legate ai conti, ai costi dei diritti sportivi (Mondiali 2006, 2010 e 2014, Formula Uno, Champions League dal 2006-7) e al mancato aumento del canone, con il rischio perdita da 80 milioni di euro denunciato dal dg a fine ottobre in commissione di Vigilanza, dal dilemma par condicio nel delicato periodo pre-elettorale e dal nodo dei faccia a faccia Berlusconi-Prodi, risolto con la mediazione in prima persona dello stesso dg. «Ho fatto il giornalista Rai - dice ancora Meocci quel lontano 5 agosto - ed è la cosa di cui vado più orgoglioso. Credo nel servizio pubblico e sono convinto che abbia al suo interno tutte le forze e le risorse per rilanciarsi e affrontare la grande sfida tecnologica, anche con concorrenti esterni». Le parole d'ordine, assicura, saranno «stabilità e serenità». Il nemico giurato, come più volte ribadirà, quella «nevrosi informativa» che troppo spesso condiziona la vita di Viale Mazzini collocando la Rai nel turbine delle polemiche politiche. Tra i primi casi affrontati dal dg, il passaggio clamoroso dei diritti di serie A alla concorrenza e il dopo-Bonolis, entrambi risolti positivamente.

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