di GIANNI DI CAPUA IL rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq non è il primo punto ...
E così, mentre Romano Prodi tentava accuratamente di eludere almeno a parole, al pari del segretario della Quercia Piero Fassino, la questione del ritiro immediato o concordato del nostro contingente militare, le dichiarazioni provenienti dall'ala radicale del centrosinistra contribuivano a ricreare in brevissimo tempo una forte pressione sul vertice dell'alleanza, Fausto Bertinotti invece è riuscito a sfilarsi dal dibattito commentando laconicamente che «oggi non è il giorno delle polemiche». Un pensiero non condiviso dai settori più scalpitanti del suo stesso partito, che hanno affidato al trotzkista Cannavò, al leninista Grassi e all'esordiente Caruso le proprie condizioni minime per una convivenza con l'esperienza di governo, incalzando il proprio gruppo dirigente con le perentorie richieste di ritiro immediato, «corroborati» in questo dalle analoghe prese di posizione del Pdci e di alcuni esponenti Verdi. Posizioni che Prodi dovrebbe teoricamente conciliare con quelle espresse da Francesco Rutelli e da Clemente Mastella, che hanno subito tenuto a sottolineare la necessità di una permanenza dei militari italiani, almeno di profilo umanitario. Ma le dichiarazioni dei Comunisti Italiani e dei Verdi per tutta la giornata hanno avuto un tenore ben diverso. Francesco Caruso, eletto nelle liste di Rifondazione Comunista e leader dei disobbedienti napoletani, è arrivato addirittura a ipotizzare l'occupazione delle basi militari per ottenere il ritiro immediato delle truppe: «Durante una di quelle ispezioni all'interno di una base permesse ai parlamentari si potrebbe rimanere dentro e dichiararsi prigionieri politici». «Nel programma dell'Unione si parla di ritiro delle truppe italiane dall'Iraq sempre con una certa sfumatura e sempre con ambiguità — ha proseguito — io credo invece che su questo punto si debba fare una scelta radicale, senza se e senza ma. Sono pronto a qualunque iniziativa convenzionale e non, se questo provvedimento non sarà tra i primi adottati dal nuovo governo». Anche Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, ha insistito sul ritiro immediato delle truppe: «Esprimo il cordoglio sincero mio e di tutto il partito per i militari italiani uccisi in Iraq. Sono vicino ai loro familiari in queste ore di dolore. Per quanto riguarda la presenza dei nostri soldati in Iraq la linea dell'Unione è chiara da tempo: quella del ritiro della nostre truppe. Questo nuovo, grave e tragico attentato conferma la giustezza delle nostre scelte». Più furo il suo collega Marco Rizzo: «Basta morti, basta guerre, bisogna ritirare le truppe dall'Iraq. Altre giovani vite spezzate in nome di una guerra di aggressione ingiusta e nata sulla menzogna. È un massacro inaccettabile di civili iracheni e di truppe straniere, il prezzo che ha messo in conto da far pagare ad altri il governo Bush per mantenere incontrastato il dominio unipolare statunitense sul mondo. L'unico rifinanziamento possibile sarà per trovare i soldi della benzina che consentano ai militari italiani di tornare in patria». Anche il leader dei Verdi Pecoraro Scanio batte sul tasto del ritiro immediato: «Il ritiro dei nostri soldati dall'Iraq è sempre più urgente. Serve una vera svolta nella politica estera del nostro paese, che deve essere orientata alla pace, al dialogo, alla cooperazione, le armi più efficaci contro il terrorismo, che va contrastato con fermezza e con più intelligence».