D'Alema furioso, l'Unione scricchiola di nuovo
Il presidente della Quercia ancora sul piede di guerra per la sconfitta nella corsa per la poltrona della Camera
30,a palazzo Madama si riunirà l'Assemblea del Senato per la prima seduta della XV legislatura. Si procederà per ordine. Prima gli adempimenti d'obbligo e, poi, le votazioni per l'elezione del Presidente, il momento più atteso. Sono giorni che se ne parla ma solo oggi, probabilmente già dopo i primi due scrutini, le speranze e le paure dei Poli diventeranno realtà. La situazione è nota. I due sfidanti sono divisi da una manciata di voti. Franco Marini, candidato dell'Unione, può contare, sulla carta, su 162 preferenze: i 158 senatori dell'Unione, tre senatori a vita (Scalfaro, Napolitano e Colombo) e un senatore estero (l'argentino Pallaro). Il candidato della Cdl Giulio Andreotti, invece, almeno per il momento, è in ritardo. Un ritardo che, dopo che la Lega ha annunciato che voterà il proprio candidato Roberto Calderoli (almeno all'inizio), sembra essere aumentato. Adesso il senatore a vita, sulla carta, è a quota 144: i 142 della Cdl (esclusi i 14 senatori leghisti), il proprio voto e quello dell'amico Francesco Cossiga. Fosse così, sarebbe Franco Marini ad avere la meglio perché, già nelle prime votazioni, con i suoi 162 voti, potrebbe contare sulla maggioranza assoluta dell'Assemblea (quella necessaria per essere eletto). Ma il condizionale è d'obbligo perché lo scrutinio è segreto e, quindi, nel segreto dell'urna, tutto può succedere. Così, anche ieri, nell'Unione si respirava un cauto ottimismo. E mentre la Margherita sembra aver definitivamente blindato la candidatura di Marini, adesso sono i Ds a destare qualche preoccupazione. O meglio, a destare preoccupazione, sarebbe soprattutto il braccio di ferro tra il segretario Piero Fassino e il presidente Massimo D'Alema che avrebbe gettato nel caos il partito. A via Nazionale, ovviamente, si minimizza. Ieri i due si sono incontrati e avrebbero «rafforzato» la loro intesa. Ma i bene informati dicono ancora che la ferita aperta dalla mancata candidatura del «leader Maximo» alla presidenza della Camera è tutt'altro che sanata. Nelle stanze del Botteghino si parla di un D'Alema arrabbiato che starebbe cercando in tutti i modi di consumare la propria vendetta ai danni del segretario e, di riflesso, di Romano Prodi. E proprio per questo starebbe rinviando il suo possibile ingresso nel governo. Da giorni, infatti, sono fortissime le pressioni sul presidente della Quercia affinché accetti il dicastero degli Esteri. Ma ancora ieri D'Alema ha parlato di un «problema prematuro», rinviando a dopo l'elezione dei presidenti delle Camere ogni sua decisione. Aggiungendo quindi di essere «fiducioso» per l'elezione di Marini. Parole che hanno sollevato migliaia di domande: che significa «prematuro»? E perché «fiducioso»? Forse D'Alema pensa che Marini non ce la farà? Qualcuno si è spinto addirittura oltre ipotizzando che, a palazzo Madama, i dalemiani potrebbero addirittura decidere di votare per Andreotti gettando il centrosinistra nel caos. Ma, al di là degli scenari fantapolitici, l'ipotesi più concreta sarebbe quella che vede un D'Alema attendista e fortemente intenzionato a riprendere in mano le redini del partito mettendo finalmente fine alla diarchia che, in questi anni, lo ha visto «governare» al fianco di Fassino (che dovrebbe accontentarsi di un posto al sole al governo). Rifiutando l'ingresso nell'esecutivo, infatti, il presidente Ds potrebbe tornare a via Nazionale con un ruolo attivo e guidare in prima persona il percorso verso la costituzione del partito Democratico. E proprio il partito Democratico rischia di essere un altro fronte aperto che potrebbe condizionare l'elezione di Marini. Le minoranze Ds, infatti, non condividono il progetto e qualcuno dice che potrebbero sfogare nell'urna il proprio malumore. Dopotutto si sa, nel segreto dell'urna, tutto è possibile.