Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Il segretario Ds sogna un vicepremierato senza deleghe

default_image

  • a
  • a
  • a

E chi quasi certamente sarà «vittima» di un «baratto» tra la presidenza della Camera e la poltrona di ministro. In quest'ultimo caso il riferimento è a Rifondazione, che ha ottenuto lo scranno più alto di Montecitorio e quindi non sarebbe in condizioni di assicurare a un suo deputato (Giuliano Pisapia) il dicastero della Giustizia. Il rifiuto, a quanto sembra, sarà l'amaro calice che dovrà sorbire Clemente Mastella. L'Udeur, infatti, non può contare su un «carniere» di voti tale da pretendere un premio «pesante», qual è la Difesa, come era nelle intenzioni del suo scaltro leader, che è tornato a parlare di «appoggio esterno» al governo Prodi (a occupare quel posto potrebbe essere una «personalità di rilevo» come Giuliano Amato o Lamberto Dini). A dire «no», infine, sarebbe il presidente dei Ds, che era in predicato per la Farnesina. Massimo D'Alema, dopo aver perso la «battaglia» della Camera, non avrebbe alcuna intenzione di accettare l'offerta di far parte dell'esecutivo come responsabile degli Esteri. In gioco c'è il controllo del partito. Ed è, specularmente, lo stesso problema che ha il segretario Piero Fassino (anche lui considerato «papabile» per la Farnesina), che vorrebbe invece il vicepremierato per poter continuare a gestire il Botteghino. Un dilemma parallelo a quello che sta vivendo il leader della Margherita. Sebbene finora sia stato dato quasi per certo al Viminale, Francesco Rutelli avrebbe intenzione di rinunciare alla poltrona in favore di Arturo Parisi, «padre» dell'Ulivo e fedelissimo del Professore. Oggi l'impegno principale del segretario dei Ds sarà rappresentato da due incontri (prima con i senatori e poi con i deputati) per avviare il gruppo unico alla Camera con la Margherita. In forse la stessa iniziativa per il Senato, considerando la maggioranza risicata uscita dalle urne e che vale non solo per l'aula ma anche per le commissioni Non è certo ancora chi guiderà il gruppo a Montecitorio. Finora si era parlato di un esponente dei Dl (Dario Franceschini) ma le ultime «voci» puntano su uno dei Ds. Un capitolo a parte (escludendo il discorso che riguarda direttamente le persone di Fassino e D'Alema) lo merita la ricompensa che andrà al primo partito della coalizione elettorale. La squadra di governo dei Ds potrebbe esser formata da otto ministri, cinque uomini e tre donne. E almeno sul numero ci sarebbe un accordo di massima con il presidente del Consiglio in pectore, specialmente dopo che Fausto Bertinotti ha ottenuto la Camera. I Ds avrebbero chiesto la Giustizia per Anna Finocchiaro, le Riforme per Vannino Chiti, le Attività Produttive per Pierluigi Bersani, il Welfare (o la Sanità) per Livia Turco, l'Ambiente (conteso, ovviamente, anche dai Verdi di Alfonso Pecoraro Scanio che però accetterebbe volentieri le Politiche Agricole) per Fabio Mussi. Per i Beni Culturali sarebbero in corsa Goffredo Bettini e Giovanna Melandri. Rimarrebbero fuori (con un punto interrogativo) Luciano Violante, Marina Sereni e Vittoria Franco. Resta ferma, invece, la volontà del Professore di dare il ministero dell'Economia al «collega» Tommaso Padoa Schioppa. Prodi non vorrebbe scorporare Finanze, Bilancio e Tesoro forse perché, sempre secondo indiscrezioni, lo stesso Padoa Schioppa avrebbe chiesto al leader dell'Unione di non farlo e inoltre perchè l'idea di Prodi sarebbe di un esecutivo «snello». Infine, c'è la questione dei piccoli partiti, come la Rosa nel Pugno, l'Italia dei Valori e il Pdci. «Dobbiamo evitare che un ingegnere vada a fare il ministro della Giustizia - ha detto ieri Antonio Di pietro - Io non ho chiesto nè ricevuto offerte di un ministero». Ancora incerta la collocazione di Oliviero Diliberto. Il Pdci indicherà la sua rosa di nomi subito dopo la prima votazione alla Camera per la presidenza di Montecitorio. Già fissata una riunione della direzione del partito.

Dai blog