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Fini: «An riavvierà il partito unitario»

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Il leader alla direzione nazionale: «Con questo voto si è chiusa una fase e se ne è aperta un'altra»

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Lo fa, il leader della destra, parlando alla direzione nazionale del suo partito. E lo fa spiegando a piccoli passi, sottolineando che «non c'è fretta che è sempre cattiva consigliera». Fini, infatti, sa bene che nel suo partito ci sono resistenze: è arrivata anche a lui l'eco di brusii in sala nel corso di una manifestazione romana giorni fa all'Hotel Ritz al solo pronunciare l'ipotesi di una lista unitaria con Forza Italia e Udc per le prossime amministrative. Ma sa anche che quella segnata è una strada in buona parte ineluttabile: c'era anche lui al patto della crostata, - seconda versione - a casa Letta la settimana scorsa con Berlusconi e Casini. E in quell'occasione i leader della Cdl si sono ritrovati proprio sulla linea di una maggiore spinta verso l'unificazione con gli alleati. La direzione di marcia sembra chiara. E Fini lascia intendere anche le prossime tappe: «In autunno apriamo una fase congressuale, perché, con questo voto, si è chiusa una fase e se ne apre un'altra». Prima però, si apre la battaglia parlamentare. Il leader della destra spiega: «Noi è ovvio che avremo un ruolo di opposizione. Una parola che non merita di essere oggettivata se non con la parola intelligente e unitaria». E taglia corto anche con ogni possibile ipotesi alternativa: «Che noi, e tutta la Cdl, dobbiamo fare l'opposizione è evidente a tutti e - spiega - ogni approccio diverso appare fuori luogo». Regolamento alla mano - aggiunge Fini - abbiamo concrete possibilità di bloccare l'attività del governo in modo da acuire le contraddizioni dell'Unione. Ma altre volte - sottolinea - potremo battere con il voto la componente più radicale nella maggioranza sui temi come quelli della legge Biagi, dell'economia e del fisco, della famiglia e della scuola». Proprio per questo l'ammonimento è chiaro: i senatori dovranno essere obbligatoriamente presenti dal lunedì alle 7 del mattino sino alle 23 del venerdì, e se necessario sino al pomeriggio del sabato. Il voto, secondo il vicepremier, restituisce l'immagine di un Paese esattamente spaccato in due, non tanto numericamente, quanto politicamente. Per Fini, Prodi «non è stato credibile» su temi decisivi per il futuro del paese. «Il risultato del Nord e del Lazio ci dice che nelle regioni dove si produce gran parte del Pil, quelle più sviluppate economicamente, le aree del lavoro autonomo, non hanno creduto alle ricette dell'Unione. Anche sul fronte dei valori - sottolinea Fini - registriamo che il voto cattolico ha voltato le spalle al centrosinistra. Un dato per tutti: a Roma, dove c'è Santa Romana Chiesa, il Prc prende più voti della Margherita di Rutelli. Anche per quanto riguarda il tema della sicurezza interna ed esterna, abbiamo visto come gli operatori del settore abbiano premiato la Cdl». Da qui, il capo del partito di via della Scrofa fa anche un'analisi del voto della lista che aveva nel simbolo anche il suo nome: il risultato di An è «ottimo», ma qualcosa va migliorata. «Dopo 5 anni di governo non abbiamo perso appeal, anzi, siamo andati avanti in voti e in punti percentuali. Ormai è ora che tutti rivedano il luogo comune secondo cui An sarebbe un serbatoio elettorale esclusivamente meridionale. Nel Nord, da Sanremo a Gorizia, il partito è ovunque a due cifre». Ma qui le lodi finiscono e inizia una severa analisi su alcune note dolenti, il voto meridionale e quello giovanile: «Nel Sud il messaggio è stato meno credibile, in Calabria perdiamo 4 punti percentuali e si va giù anche in Puglia. Su questo - ammonisce Fini - è necessario avviare una riflessione immediata. Anche sul calo del voto giovanile, nonostante rimaniamo uno dei partiti più votati tra quelli della Cdl, occorre riflettere». F. D. O.

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