Ciampi al Csm: «In sette anni un solo rammarico: la giustizia è ancora troppo lenta»
Con schiettezza, elencando meriti, demeriti e le cose che restano da fare, e senza nascondere la commozione, Carlo Azeglio Ciampi ha preso ieri commiato dal Csm presiedendo la seduta-lampo del plenum che in tre minuti e all'unanimità, come avviene di rado, ha eletto il nuovo procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli. Il bilancio del presidente della Repubblica riguarda sette anni in cui il tema della giustizia è stato sempre in primo piano nell'agenda politica e le sedute di Palazzo dei Marescialli hanno vissuto numerosi «momenti delicati». Ciampi innanzitutto si è rallegrato di aver avuto sempre, anche in quesi momenti il suo vice, Virginio Rognoni «in piena sintonià. Ha riaffermato «il ruolo essenziale e insostituibile del Csm». Ha riconosciuto che la piena «serenità» che si richiede a ogni magistrato si può avere «solo quando egli sa di poter contare sulla determinazione di chi deve difendere la sua indipendenza» e quando fra i poteri dello Stato i rapporti sono improntati al «dialogo», al riconoscimento della divisione dei poteri e al «rispetto pieno e reciproco delle funzioni di ciascuno». Resta sottinteso nel discorso al Csm che tutto ciò non c'è stato. Basta pensare ai momenti topici, dopo clamorose sentenze. Sul punto, Ciampi ribadisce che le sentenze possono essere criticate «anche con toni forti» ma la critica non può «suonare delegittimazione della magistratura». È una censura implicita ma evidente alle prese di posizioni di certi settori politici. Ma Ciampi non si limita a questo, tiene anche a dire che questi eccessi non giustificano in nessun caso eccessi di reazione. Il Capo dello Stato ha poi formulato a chiare lettere un'altra critica: al peso delle componenti correntizie negli avanzamenti di carriera. Le promozioni, ha detto, devono avvenire per meriti valutati e riconosciuti e non per anzianità «o semplice assenza di demerito». Fin qui le critiche schiette. In conclusione, toccando un argomento che ha fatto tanto discutere nella scorsa legislatura, invece Ciampi ha riconosciuto espressamente il diritto del Csm a esprimere pareri e formulare proposte al Guardasigilli «suo interlocutore naturale». Le parole di Ciampi sono state apprezzate da tutti i settori del Csm. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli, invece, si è mostrato scettico. «Il monito del presidente Ciampi - ha detto - è destinato a cadere nel vuoto» perché le «logiche correntizie ci sono sempre state, a negare lo loro esistenza restano soltanto gli stessi magistrati».