Andreotti non molla, l'Unione ha paura
E la sua determinazione davanti al pressing dell'Unione spinge la Cdl a nutrire più di qualche speranza che venerdì al Senato il «duello» non abbia un esito così scontato. A giocare a favore del centrodestra sono le perplessità, nonostante le dichiarazioni ufficiali, sul voto di alcuni senatori. E non di «peones» ma di figure di primo piano. Conti alla mano alla fine potrebbe addirittura finire in perfetta parità. Prendiamo i sette senatori a vita. Tolto, ovviamente, Andreotti, i primi dubbi riguardano Sergio Pininfarina. «Ho parlato con i due figli — racconta un senatore — Per uno voterà a sinistra, secondo l'altro per il centrodestra». In bilico, dunque, ma dovendo scommettere forse è più probabile che il voto vada all'ex presidente del Consiglio. Dubbi anche sulla premio nobel Rita Levi Montalcini: se si presenterà in aula — ragionano nella Casa delle Libertà — non è detto che il suo voto sia così «blindato» per Franco Marini. Infine c'è Francesco Cossiga: e l'ex presidente della Repubblica, alla fine, non dovrebbe far mancare il suo appoggio a Giulio Andreotti. Quattro voti dunque a favore della Cdl contro i tre dell'Unione: Emilio Colombo, Scalfaro e Napolitano. Poi c'è il senatore argentino Luigi Pallaro che ieri ha dichiarato che voterà per Marini, spiegando però che «L'Unione si deve impegnare per chi viene dall'estero e dovrà mettere tutto ciò nero su bianco». E ieri non erano tanti i parlamentari del centrosinistra disposti a mettere una mano sul fuoco sul suo voto. Infine c'è la senatrice della Svp Helga Thaler Ausserhofer, trascinata dal partito a votare per Franco Marini ma per niente convinta che sia la scelta giusta. E visto che l'elezione sarà a scrutinio segreto le sorprese potrebbero non mancare. Di sicuro il centrosinistra non è così sicuro di avere la vittoria in tasca. Ieri sera Willer Bordon, della Margherita, intervistato da Bruno Vespa a «Porta a Porta» ha ventilato la possibilità di un pareggio. Franco Marini, ha spiegato, «dovrebbe farcela fin dal primo voto», anche per evitare «che quella che è considerata solo un'ipotesi di scuola, cioè lo scioglimento di una sola Camera, diventi stretta necessità». «Se c'è la maggioranza nella Camera dei deputati — ha concluso Bordon — e nell'altra Camera non ci fosse, anche se sono sicuro che al Senato c'è, sarebbe possibile andare allo scioglimento di una delle due Camere e andare a nuove elezioni per quella sola Camera». Ma ha anche aggiunto che «ci potrebbe essere l'esigenza di accordi politici per la presidenza di alcune commissioni». Andreotti, intanto, attende. Ma lancia qualche messaggio: «Si dovrà tenere conto che non si hanno le "quadrate legioni", per cui non ci si potrà infischiare dell'opposizione. Nell'immediato sarà forse difficile attuare una politica delle larghe intese, si dovranno raffreddare gli animi. Ma se prevalesse un atteggiamento di chiusura al dialogo, non si farebbe del male solo al governo, ma a tutti. E la gente la farebbe pagare agli uni e agli altri».