Se Marini perde rinasce la Grosse Koalition
C'è chi cerca di assicurare al suo partito una singola poltrona, ma «di peso» (Mastella), chi ne chiede almeno due e rifiuta quella che gli era stata proposta (Pecoraro Scanio). Chi, infine, come il Comunista Oliviero Diliberto non avrebbe (il condizionale in questi giorni è d'obbligo) intenzione di entrare al governo. Ma il punto è un altro. Il «nodo» universale che prescinde da tutte le possibili scelte diplomatiche e strategiche del Professore è infatti la presidenza del Senato. Se, infatti, dovesse andare ad Andreotti, la CdL dimostrerebbe di avere di fatto la maggioranza nella seconda camera del Parlamento. E il capo dello Stato (Ciampi o chi per lui) non potrebbe concedere a Prodi un mandato «pieno». Sarebbe obbligato a «dirottare» il futuro governo verso la Grande Coalizione, composta anche da esponenti del centrodestra. Tornando, comunque, alla «lotteria» dei dicasteri, i nomi, più o meno, sono sempre gli stessi. A parte qualche new entry. E qualche «abbandono» che risponde al principio dell'equilibrio tra dare e avere. Il leader dell'Udeur, che all'inizio premeva per il ministero dei Beni Culturali, ora punta dritto come un fuso alla Difesa. E siccome su una poltrona in due non si entra, Arturo Parisi, ulivista della prima ora e fedelissimo di Prodi, potrebbe andare all'Interno. Un posto al quale aspirava anche il leader della Margherita Francesco Rutelli che, però, insieme con Fassino ha il problema di continuare a tenere le redini de partito. Le necessità del premier in pectore, tuttavia, sono di affidare i tre ministeri cruciali per i rapporti internazionali (Esteri, Difesa ed Economia) a personaggi di rilievo. E Mastella non rientrerebbe fra questi. Il segretario dei Ds, in questo quadro, potrebbe diventare vicepresidente con una delega «pesante» (ad esempio sull'economia con il Cipe), D'Alema andrebbe agli Esteri (sebbene un'ipotesi del genere l'avesse già scartata lui stesso e la sua ambizione pare sia il Quirinale), il Viminale è in «ballottaggio» tra Rutelli (che potrebbe ma non vorrebbe lasciare la Margherita in mano a Dario Franceschini, il quale a sua volta, però, aspirerebbe ai Beni Culturali, secondo dicastero nel mirino dell'Udeur). Lo stimatissimo Pierluigi Bersani, se ottenesse il ministero del Lavoro, dovrebbe ricostruire i rapporti con Confindustria e mantenere buoni quelli con il sindacato, Anna Finocchiaro vorrebbe la Giustizia, Livia Turco la Sanità o gli Affari Sociali, Rosy Bindi è data per certa all'Istruzione, Alfonso Pecoraro Scanio chiederebbe due ministeri (forse per ottenerne almeno uno con portafoglio), Antonio Di Pietro si prenderebbe le Infrastrutture, Rifondazione due ministeri (uno con e l'altro senza portafoglio). Ma, come dicevamo, tutto si gioca sullo scontro Andreotti-Marini. Una battaglia che si concluderà venerdì o, al massimo, sabato.